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Il pasto nudo

Al culmine della maturità creativa, oramai uscito dai limiti del genere horror, dopo due capolavori ambigui e teorici come La mosca e Inseparabili (a ripensarci, forse due tra i film americani più belli degli anni Ottanta), David Cronenberg si rivolge a un classico underground come Il pasto nudo , e nell’adattarlo rinuncia a ogni linearità narrativa e a ogni verosimiglianza. I fan di Cronenberg (tra cui chi scrive) preferiscono appunto quei film algidi e oscuri, oppure il delirio di Videodrome , e d’altra parte non c’è dubbio che il testo abbia messo in soggezione il regista (forse a torto, ché non è detto che ai posteri Burroughs debba risultare superiore a Cronenberg). Ma è certo uno dei suoi lavori più espliciti, coraggiosi e ambiziosi, vero pozzo di San Patrizio delle ossessioni di un autore e di un decennio di cinema, una manna per teorici e semiologi. E alcuni momenti onirici e molte trovate sono degne del Cronenberg migliore. (emiliano morreale)