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Al di là delle nuvole

La figura di un regista, che si muove tra Portofino e Parigi, è il pretesto per raccontare quattro storie d’amore con occhio cinico, ma sognante. Un film patinatissimo (patrocinato da Wenders, che rende omaggio all’allora ultraottantenne regista italiano), ma mancante dell’energia e della forza espressiva proprie delle opere migliori di Antonioni. Negli episodi-cornice, girati dal solo regista tedesco, il narratore (Malkovich) conversa con una donna. Tornato sul set dopo una lunga malattia e amorevolmente aiutato da Wenders, Antonioni porta coraggiosamente in scena il proprio tormento d’artista, ossessionato dalla ricerca della vera immagine assoluta ma insieme conscio che ogni suo sforzo è destinato a fallire. Inevitabile che possa irritare l’opera di un regista che porta in scena la storia del proprio scacco, “la rinuncia dello sguardo” che si interroga cosa c’é al di là delle nuvole (e delle immagini).