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Unico testimone

Il piccolo Danny assiste casualmente all’omicidio di un uomo a opera del nuovo marito di sua madre. Nessuno gli crede tranne il padre (John Travolta), fresco di divorzio. Alla fine chi gli aveva dato del visionario dovrà ricredersi. È un raro caso di suspense al contrario, fino alla fine si pensa che stia per accadere un qualsiasi colpo di scena che giustifichi 90 minuti di prevedibili banalità, ma arrivano i titoli di coda. L’assassino, Vince Vaughn (Swingers), non convince più di tanto, ma fa il suo dovere, mentre Travolta sfodera tutta la gamma dei suoi sorrisi più ebeti che gli hanno regalato la sua seconda giovinezza in Pulp Fiction, qui però c’entrano pochino. Steve Buscemi si aggira per lo schermo incredulo, forse chiedendosi dove è capitato. Il regista Harold Becker (Malice, City Hall) è specializzato in thriller, ma questo film sembra proprio tra i meno riusciti, forse anche a causa dei notevoli buchi nella sceneggiatura, che ne minano ancor più la credibilità. Sul tema del testimone ragazzino, poco credibile per via della giovane età, non c’era poi ancora molto da dire dopo Witness e Il cliente, e in effetti Unico testimone finisce per attorcigliarsi un po’ su stesso, sfiorando blandamente le tematiche del divorzio e dell’affidamento dei figli. Non maggiore la fantasia dei distributori italiani che sono ormai convinti che un thriller debba per forza avere il titolo formato da un aggettivo e un sostantivo: sarà anche una scelta che mira ad un target di pubblico ben definito, ma che noia! (ezio genghini)