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Ma che colpa abbiamo noi

Otto pazienti sono in una seduta di analisi di gruppo. Mentre raccontano i loro problemi e i loro sogni, la dottoressa che li cura muore di vecchiaia. Gli otto, tre donne e cinque uomini, decidono così di fare una terapia autogestita, senza l’aiuto di uno specialista. Gegè è figlio di un industriale severo, ne è ancora vittima alla sua età. Di nascosto frequenta una ragazza più giovane di lui, appassionata di palestra. Ha un figlio in Argentina che non vede da una decina di anni, perché ha paura di viaggiare in aereo. Flavia è una professoressa, nevrotica per le scarpe e amante di un uomo che non lascerà mai la famiglia. Chiara è una studentessa di architettura, bulimica, innamorata di un compagno di chat, che non ha mai visto. Marco è figlio di un ambasciatore, silenzioso e introverso. Ernesto ha tradito la moglie, che lo ha cacciato, e adesso vuole riconquistarla. Per riuscire a dormire deve prendere il treno. Luca è un omosessuale innamorato di un bisessuale sposato. Alfredo è un orchestrale obeso, molto cattolico, che vive ancora con la madre. Gabriella è una donna eccessiva, che non vuole rassegnarsi al passare del tempo. Il gruppo di analisi riesce a sopravvivere grazie all’unità, all’amicizia e alla solidarietà reciproca, che ogni tanto però sembra soccombere all’egoismo di ognuno. Un film sulle fragilità umane, sul disperato bisogno di aggrapparsi al proprio analista come se solo lui potesse riuscire a trovare la via della salvezza. Un film corale, con un ottimo cast, per una commedia che non fa ridere, ma che fa sorridere sulle debolezze comuni. Dopo tre anni di silenzio, e 22 anni di carriera, Carlo Verdone ritorna sul grande schermo con una pellicola che ricorda Compagni di Scuola e Maledetto il giorno che ti ho incontrato, ma che comunque riscopre il piacere di raccontare la nostra Italia, dopo il flop di C’era un cinese in coma. Non uno dei suoi film migliori, ma ben lontano dal peggiore. (andrea amato)