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La voce della luna

Salvini, matto di campagna, segue i messaggi nascosti nei pozzi e va in cerca della luna insieme a un prefetto in pensione, ossessionato dai complotti. Certo non il miglior Fellini: un film di impotenza e di morte, con due attori troppo lunari e «sottotono» (specie Benigni), che ogni tanto si perde per strada. Ma come si fa a non amarlo? Quale altro regista ha saputo essere così profetico ed estremo, così fedele a se stesso e così pronto a sporcarsi le mani col peggio del proprio tempo? Di fronte allo stereotipo che vuole l’artista anziano ormai rasserenato, stilizzato e illimpidito, l’ultimo Fellini somiglia piuttosto all’autoritratto ghignante del vecchio Rembrandt travestito da Democrito. L’umorismo felliniano non ha più nulla della commedia all’italiana: le sue ultime immagini, dedicate a una spaventosa «sagra dello gnocco», sono abissalmente lontane da tutto il cinema nazionale di quegli anni.
(emiliano morreale)