I

In the Mood for Love

Maggie Cheung e Tony Leung sono vicini di casa. Complice la solitudine, fra i due nasce un’amicizia che si carica progressivamente di valenze erotiche sempre più esplicite. Quando scoprono l’ovvio, cioè che i rispettivi coniugi sono amanti, invece di dare libero corso alla passione i due si limitano a replicarne le forme in un lezioso gioco di raddoppiamenti. Nel doppio teatrale che dà forma alla frustrazione, alternativa alla virtuosa sublimazione «occidentale», c’è probabilmente il lascito della tradizione dell’opera cantonese; ma nel complesso la storia sembra costruita su misura per il pubblico occidentale, che vi ritrova, aggiornate, le atmosfere di Breve incontro (anche se qui, fuori-campo, qualcosa succede). Non si discute la sapienza registica di Wong Kar-wai, che si conferma cineasta capace di padroneggiare perfettamente materiali e ascendenze disparate e che qui trova una nuova direzione per il barocchismo della propria regia (ma attenzione, non c’è alcuna differenza di sostanza fra l’esagitazione dei film precedenti e la compassata eleganza di questo: il controllo era ed è totale). Quello che non convince è il senso generale dell’operazione, programmatica all’eccesso e intimamente frigida. E, alla fine, anche la bellezza di Maggie Cheung si limita ad annunciare sotterranee deflagrazioni del sentimento che non arrivano mai. (luca mosso)