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Match Point

Ex giocatore professionista, Chris Wilton (Jonathan Rhys Meyers) si guadagna da vivere dando lezioni di tennis in un esclusivo club di Londra. Qui fa amicizia con il coetaneo Tom Hewett (Brian Cox), bello come lui, meno bravo con la racchetta ma in compenso molto più ricco, che gli presenta la sorella Chloe (Emily Mortimer). I due si fidanzano e già si parla di matrimonio quando, durante un weekend nella casa di campagna degli Hewett, Chris conosce la fidanzata di Tom, Nola Rice (Scarlett Johansson), un’attrice americana alle prime armi ma ben consapevole di come si seduce un uomo. L’amore che scoppierà fra i due sarà gravido di conseguenze per tutti i protagonisti della storia.
Come gli appassionati di tennis ben sanno, il match point è quel momento della partita in cui uno dei due giocatori si trova a un solo punto dalla vittoria finale. Un momento in cui la buona sorte può giocare un ruolo tutt’altro che secondario, in cui una palla che tocca la rete e rimane sospesa per aria, indecisa sulla direzione da prendere, può decidere il risultato dell’incontro. Il film inizia proprio così, con una palla sospesa e una voce fuori campo che dice che nella vita è più importante essere fortunati che essere bravi. È difficile abituarsi all’idea di un film di Woody Allen senza battute divertenti, senza nevrosi, senza Manhattan, senza la familiare presenza dell’attore-regista di New York. Eppure Match Point funziona, e molto bene. La sceneggiatura è quasi perfetta, sembra la versione moderna di una tragedia greca, un genere teatrale che Allen ben conosce e ama, come dimostrato dal coro che, nel teatro di Taormina, accompagnava le vicende de La dea dell’amore (1995). I protagonisti sono personaggi a tutto tondo, a partire da un’ottima Scarlett Johansson, per cui il regista ha speso lodi sperticate. L’attrice di Lost In Translation, appena diciannovenne al tempo delle riprese, sarà protagonista anche del suo prossimo film, una commedia nuovamente ambientata a Londra. (maurizio zoja)