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The Descent

Sei donne, sei amiche. Il loro legame si basa sull’amore per l’avventura, che periodicamente le porta a fuggire dalla vita borghese della città per affrontare le sfide della natura. Non si fanno mancare nulla, dal rafting all’alpinismo, fino alla speleologia. Anche il rischio, durante queste attività, è parte integrante del divertimento, ed è in fondo ciò che veramente le fa sentire vive: senza il pericolo non c’è vera avventura, potrebbe essere il loro motto.
Ma il destino è in agguato: una di loro, Sarah (Shauna MacDonald), perde improvvisamente marito e figlia a causa di un banale incidente d’auto. Ironico, per una donna abituata a giocare con la morte in situazioni estreme.
L’avvenimento è uno shock per tutto il gruppo; niente più avventure insieme, seguendo una specie di tacito accordo. Passato un anno, però, la bella e fiera Juno (Natalie Mendoza) decide di organizzare una nuova spedizione, a cui parteciperà anche Sarah: le ragazze stavolta scenderanno all’interno di un sistema di grotte pressoché inesplorato. Ovviamente non tutto andrà come previsto, e il sestetto si ritroverà intrappolato nelle viscere dei monti Appalachi…

Proprio quando si iniziava a pensare che l’horror di qualità avesse ormai trovato casa nel lontano oriente, l’uscita di questo film ci ricorda che invece anche i registi occidentali si divertono ancora a cercare di spaventare gli spettatori, e a volte ci riescono pure.

Che nessuno si preoccupi, comunque: l’ultima fatica di Neil Marshall, già autore del convincente
Dog Soldiers,
non fa neanche la metà della paura di un classico recente dell’horror dagli occhi a mandorla come
Ju-On
(il
The Grudge
originale), tanto per fare un esempio.

Questo perché
The Descent
è più sottile, gioca più sulla tensione che sul terrore, e più che gli elementi puramente horror è l’ambientazione sotterranea a tenere alta la tensione: la cinepresa segue le protagoniste che si infilano strisciando in cunicoli strettissimi, nella pressoché totale assenza di luce, ed ecco che si affaccia inevitabile una sgradevole sensazione claustrofobica. Ostato segnalato anche qualche caso di abbandono della sala; i soggetti più sensibili sono avvisati…

Oltre alla tensione, però, questa pellicola si fregia di una storia e di una sceneggiatura non puramente accessorie: i rapporti fra i personaggi si evolvono in direzioni inaspettate, e diventano a mano a mano i veri protagonisti del dramma, insieme alla lotta di Sarah contro le sue ossessioni, cicatrici interiori lasciate in eredità dal tragico incidente che le ha portato via le persone a cui teneva di più. In questo senso il film può essere letto come una descrizione di alcune delle nostre paure più ataviche: la protagonista perde le persone care e si trova da sola nel buio, a lottare contro l’ignoto e la morte, rischiando di perdere la propria umanità per trasformarsi in una creatura ferina, disposta a uccidere per sopravvivere.

In questo ultimo scorcio di 2005 questa è forse l’unica pellicola horror non orientale che vale il prezzo del biglietto, e Marshall un regista che vale la pena di tenere d’occhio.
(michele serra)