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Roberto Succo

Istantanee di due corpi maciullati in una vasca da bagno. Sono il padre e la madre di Roberto Succo, l’assassino, 19 anni, che viene preso e rinchiuso in un ospedale psichiatrico. Dopo cinque anni, ha un permesso e fugge in Francia dove «si sente libero», dove «nessuno mi conosce». Si innamora di una ragazza, ma continua a seminare morti, sangue, rapimenti, stupri, terrore. Folli corse in auto (rubate) su e giù per la Francia. Con Lea, la ragazza di Kurt, o André, o Stefano, in realtà Roberto, che non riesce a vedere al di là di quegli occhi tondi e di un azzurro chiarissimo sempre spalancati sull’orrore che provoca. Nemmeno quando lui le confessa di aver ammazzato i genitori. Nemmeno quando, a letto, le lega i polsi. Nemmeno quando cambia un’auto dietro l’altra… La polizia francese gli dà la caccia. Intuisce i suoi spostamenti, i suoi crimini. Lui scappa, prima in Svizzera, poi torna in Italia. Lo trovano. Finirà male, a 26 anni.

Il regista francese Cédric Kahn racconta una storia vera riprendendo la cronaca descritta in un libro di Pascale Froment. L’omicidio dei genitori di Roberto Succo risale al 1981. Il film ripercorre la strada (quanta strada…) del giovane criminale, del folle, senza indugiare sugli atti criminosi ma sulle tremende e choccanti conseguenze. Un film, quasi un documentario, un procedere puntuale e ossessivo nella follia. Senza il gendarme eroe (anzi…), senza esaltare il serial killer sanguinario come il cinema ci ha abituato. Soprattutto senza dare spiegazioni né alibi o attenuanti. Un cammino verso l’inevitabile fine di una mente inafferrabile, crudele, malata. Ma anche infantile (i bacini alle sue vittime), immatura, contraddittoria (confessa i delitti, ma grida dal tetto della prigione «sono un prigioniero politico»), incoerente. Reso perfettamente da Stefano Cassetti, bresciano, ventottenne, una laurea in disegno industriale, attore per la prima volta. E ignaro della storia di Roberto Succo. Brava anche Isild Le Besco, la liceale Lea che in una notte in spiaggia, dopo la discoteca, comincia la storia con l’assassino. Lea, a tratti, riesce a tirar fuori quel che di buono resta in quel ragazzo malato. Nella sua ingenuità di bambina. Il film (un bel film), che riprende anche una piéce teatrale del drammaturgo Bernard-Marie Koltès, fu presentato a Cannes nel 2001. Allora, la gendarmerie francese protestò in difesa della memoria dei colleghi uccisi e criticando il possibile impatto altamente negativo sul pubblico.