I

Il ritorno di Cagliostro

Il ritrovamento delle impolverate bobine di un vecchio film diventa il pretesto per ripercorrere la storia dei due fratelli La Marca, Carmelo e Salvatore, ex fabbricanti di statue sacre, che, nella Palermo degli anni Cinquanta, si improvvisano produttori cinematografici. Fondano la Trinacria Cinematografica in collaborazione con alcune delle personalità più in vista della città. La casa di produzione però colleziona solo insuccessi. Ma ecco la svolta. Il Barone Cammarata, appassionato di scienze occulte, si offre come finanziatore del film Il ritorno di Cagliostro che dovrebbe risollevare le sorti della casa di produzione. La regia viene affidata al maestro Pino Grisanti e il ruolo del protagonista a un attore americano al tramonto. Ma il film non deluderà le aspettative dei due insoliti produttori palermitani.
Finalmente, dopo due anni di difficoltà e ostacoli, ecco l’atteso film dell’accoppiata Daniele Ciprì e Franco Maresco. Il ritorno di Cagliostro, presentato alla Mostra di Venezia nella Sezione Controcorrente, costituisce il risultato di un prolungato periodo di lavoro e, come è nella tradizione dei due registi palermitani, rappresenta un lavoro atipico e divertente. La bravura e l’ironia dei realizzatori di Cinico Tv non vengono ancora una volta smentite e danno vita a un prodotto gradevolissimo, molto particolare nella scelta dell’ambientazione, nell’uso del montaggio e nelle tematiche affrontate. Il cinema viene preso in giro in modo graffiante, surreale, mai volgare. La critica e i meccanismi dell’industria cinematografica sono messi in discussione anche da chi ne è un diretto testimone e la partecipazione dei critici Tatti Sanguineti e Gregorio Napoli nel ruolo di se stessi è, in questo senso, emblematica. Ciprì e Maresco scelgono la via del genere documentaristico, mettendo in scena l’ipotetica ricostruzione di un’impresa cinematografica del dopoguerra italiano e alternando immagini bianco-nero e colori. Il ritrovamento delle bobine de Il ritorno di Cagliostro è il pretesto per viaggiare nel tempo ed entrare in contatto con una realtà in cui si parla ancora il dialetto, e nella quale il film è ancora un prodotto artigianale. La valida interpretazione di Robert Englund, direttamente dalle pellicole horror Usa, contribuisce alla riuscita del film. L’attore statunitense, nei panni dell’alcolizzato e ridicolo Errol Douglas, raggiunge risultati inaspettatamente comici. Mentre a incarnare i due fratelli La Marca troviamo gli appropriati Luigi Maria Burruano e Franco Scaldati. Come vuole la tradizione il resto del cast è formato dai soliti non professionisti presi dalla strada. La fotografia di Ciprì e un originalissimo montaggio (particolari le inquadrature più piccole poste all’interno delle sequenze a tutto schermo) completano un’opera scorrevole che perde solo nel finale parte della forza espressiva iniziale. (emilia de bartolomeis)