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Il ritmo del successo

Alla scuola dell’American Ballet ci si ama, ci si odia, si suda e si balla fino allo stremo in vista del saggio di fine anno da cui usciranno le nuove étoile del balletto a stelle e strisce. La nera è ribelle ma capirà, la gelida si innamora, l’imbranata diventerà bravissima. Una versione socialmente elevata di
Saranno famosi
(che era più ruspante e coinvolgente), col grave handicap che il balletto classico è tra le attività umane meno cinematografiche in assoluto: condanna a campi lunghi (mica puoi tagliare i piedi!) e a lente panoramiche destra-sinistra stile tennis. Meno male che a un certo punto mettono su un po’ di salsa (anche se devono fare acrobazie col montaggio per far credere che l’attor giovine balli davvero) e nel finale c’è una bella coreografia moderna con una moto in scena (oooh!). I ballerini sono «cinetici», il regista Hytner fa quel che può – cioè pochino – e il film dura quasi due ore, che sono davvero un po’ troppe.
(emiliano morreale)