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Balzac e la piccola sarta cinese

Luo
(Chen Kun)
e Ma
(Liu Ye)
, giovani studenti durante la rivoluzione culturale in Cina, vengono spediti in un campo di rieducazione in una remota provincia ai confini col Tibet. Sono accusati di essere reazionari figli di reazionari. I due, grazie all’amicizia che li lega e alla giovane età, sopportano bene la disciplina del campo e la durezza della vita, divisa tra il lavoro nei campi di montagna e la miniera di rame. Riescono anzi, con l’astuzia, a far circolare tra i contadini musiche e idee che la rivoluzione vorrebbe bandire. Fanno anche conoscenza con le ragazze del villaggio, in particolare con la giovane e avvenente nipote del vecchio sarto
(Zhou Xun).
Con lei, comincia un
mélange a trois
condito dalla lettura di alcuni libri proibiti – tra i quali le opere di Balzac – che piano piano sfocerà in amore. Molti anni dopo, i due amici, ormai affermatisi nei rispettivi campi di studio, si ritrovano a discorrere della loro esperienza e dell’amore finito con la bella sartina alla quale non chiesero mai il nome.

(Ri)educativa. E molto bella, quest’opera del regista cinese trapiantato in Francia Dai Sijie. Tratto dal suo romanzo omonimo, edito in Italia da Adelphi, tradotto in altri ventiquattro Paesi, il film, ampiamente autobiografico, come il libro da cui è tratto, è stato paragonato a
Jules et Jim
di Truffaut. Non ci piacciono i paragoni troppo impegnativi, che in fondo sviliscono l’opera da paragonare, aureolando per converso quella paragonata, che spesso non ne ha bisogno. Di certo, v’è che la temperie rieducativa rivoluzionaria viene rattenuta sullo sfondo, lasciando invece che la vicenda dell’educazione sentimentale dei tre giovani, l’unica
vera
educazione che essi apprenderanno, si sviluppi con metodica infallibile semplicità, amoreggiando semmai con la struggente fotografia che immortala l’impervia regione dello Sichuan.

C’è dentro molto, per non dire tutto, nella vicenda della bella e (suo malgrado) ignorante sartina, che si rivela al mondo grazie alle letture furtive di Balzac, di Flaubert, di Stendhal, condite dai baci e dalle carezze di Luo, il più intraprendente dei due innamorati. E che una volta illuminata dal tenue spiraglio della cultura, decide di spalancare la porta e andare, lei, sola, incontro al mondo che l’attende oltre i monti. C’è il sentimento dell’amicizia, solida, incrollabile, che non teme i trabocchetti del cuore e le insidie della vita. E c’è infine il rimpianto, simboleggiato dall’enorme diga che affoga la millenaria cultura contadina per alimentare il progresso avido di energia, sommergendo così anche i ricordi. I più duri, i più teneri. (Ri)educativo, godibile, non palloso. Unico neo: l’invisibilità. Il film, uscito da un paio di settimane, è attualmente in programmazione in tre sale in tutta la Penisola. Ma questa è un’altra storia.

(enzo fragassi)