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Sud side stori

Colpiscono due cose di
Sud side stori
, rivisitazione in chiave funerea e pop di
Giulietta e Romeo
: la programmatica negatività e la completa indifferenza per la forma. Roberta Torre, come se volesse radicalmente mettere in discussione i pilastri su cui si reggeva il miracoloso equilibrio di un film di eccessi contrapposti come
Tano da morire
, ha presentato al pubblico della Mostra veneziana del 2000 un film di rara antipatia. E questa, in un’Italia che dibatte sull’integrazione razziale con toni che svariano dal pelosamente caritatevole all’economicistico, è una virtù. Sono tutti orribili i personaggi messi sullo schermo, neri e bianchi, opposte facce di un’integrazione possibile solo nei discorsi dei politici. Bocca, fica e culo, trentamilalire: queste le ragioni dello scambio interetnico nell’Italia contemporanea, come il tormentone musicale ci ricorda puntualmente. E come la messa in scena vorrebbe esprimere attraverso la rinuncia a un qualsiasi principio d’ordine. All’assenza di correttezza politica, Torre fa coincidere pari scorrettezza formale, ignorando volutamente i canoni cinematografici correnti. Il film procede orizzontalmente, trascurando di esplicitare nessi narrativi e di definire i caratteri, affidandosi completamente (e rischiosamente) alla qualità delle soluzioni espressive. Che, ed è qui il vero problema del film, non sono adeguatamente felici, soprattutto nel rinnovato riferimento al musical. Privo di veri punti di forza, di numeri capaci di trascinare (o di orripilare), inadeguato nel progetto musicale che pure contiene singoli buoni spunti, alla fine
Sud side stori
appare un film significativo solo sul piano teorico: fa piacere che esista, è impossibile amarlo.
(luca mosso)