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Kirikù e la strega Karabà

Il piccolo Kirikù, che comincia a parlare già nel ventre della madre, aiuta gli adulti del villaggio a sconfiggere la strega Karabà. Anche se in realtà la strega non è poi così cattiva… Poteva essere una favoletta leziosa, moraleggiante e politically correct (e anche un po’ colonialista), e invece il lungometraggio animato di Michel Ocelot è un’autentica delizia. Intanto – e non guasta – è una gioia per gli occhi, un film che stupisce con pochissimo, che serba la memoria del cinema e della storia dell’arte (da Rousseau il
Doganiere a Méliès
). Come valore «pedagogico», basterebbe l’educazione alla bellezza impartita da queste immagini. La fiaba è schiettamente illuminista, l’allegoria non prevarica mai il gusto quasi surrealista dell’affabulazione. Gli aggeggi, gli arnesi, le gag sono di rara intelligenza. Certo, la raccolta di corti
Principi e principesse
, uscita quest’anno, è più rigorosa e pura, ma è ammirevole come Ocelot riesca a schivare trucchetti narrativi e demagogie, pur facendo un film fruibile dai tre anni in su (si veda, al contrario, il tanto decantato
La freccia azzurra
, che è solo puerile, ed è talmente perbenino che già i bimbi di sei anni non ridono più). Unico appunto: le canzoni di Youssou N’Dour, inevitabilmente fastidiose nella traduzione italiana.
(emiliano morreale)