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Digimon – Il film

Tai e i suoi amici digiprescelti devono affrontare una terribile minaccia. Un digiuovo si è dischiuso nella rete: ben presto il Digimon evolve nel micidiale Diaboromon e inizia dapprima a divorare i dati della rete, poi ad aggredire le linee telefoniche del Giappone. Tai e gli altri tentano di contrastare Diaboromon ingaggiando una cruenta battaglia in rete. Considerati i rivali su scala ridotta dei Pokémon, i Digimon sono in realtà un fenomeno addirittura più complesso rispetto ai loro cuginetti Nintendo. Se infatti il concetto della digievoluzione deve molto sia ai tradizionali Transformers che ai robot di Go Nagai, è la drammatizzazione della tecnologia a essere assolutamente sorprendente. I Pokémon professano una sorta di ritorno a un isomorfismo mutato, modificato dall’impatto con la tecnologia; dal canto loro, i Digimon sembrano vivere il paesaggio massmediale contemporaneo come una sorta di natura altra. È sorprendente osservare questi bambini che giocano con telefoni satellitari e che si muovono nella rete con la stessa destrezza dei corrieri mnemonici di Gibson, circondati da adulti inconsapevoli e assolutamente incapaci di interfacciarsi con la tecnologia digitale. Soprattutto la prima parte del film evoca con una precisione assoluta gli scenari cyberpunk gibsoniani, con la grafica che si svuota, diventa astratta e perversamente psichedelica. Da notare infine come gli esterni e gli sfondi domestici – dominati da cromatismi pastello, in linea con una certa animazione manga tradizionale – sembrino tematizzare proprio questa separazione di percezione tra i bambini e gli adulti. E in tutto ciò, mentre questi ultimi si smarriscono e faticano a capire chi si evolve in cosa, Digimon-Il film offre un’istantanea impressionante di una nuova inarrestabile alfabetizzazione, ben oltre le polemiche che circondano da sempre l’animazione nipponica. Chissà cosa ne avrebbero detto Marshall McLuhan o Roland Barthes… (giona a. nazzaro)