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All’ombra del patibolo

Forse non è il capolavoro di Ray, ma va riscoperto proprio poiché è uno dei suoi titoli meno noti, e per di più è quasi un inventario dei temi dell’autore. Quasi un pendant del più celebre Johnny Guitar, girato dal regista l’anno precedente: un western con un senso del destino tutto di Ray (confrontare con
La donna del bandito
o
Il temerario
), e con un atteggiamento chiaramente liberal che lo fece leggere da subito come una metafora sul maccartismo, la cui parabola discendente era già cominciata. Il western di Ray è adulto se mai ve ne furono: rifiuta tutti gli stereotipi del genere e descrive padri che non hanno niente da insegnare ai figli e anzi sono i loro carnefici (
Gioventù bruciata
è dello stesso anno, e poi ci sarà il tremendo padre folle di
Dietro lo specchio
). La vicenda parte da un equivoco quasi comico, i personaggi non hanno niente di epico e sono già tutti inquieti e nevrotici, con un Cagney violento e walshiano.
(emiliano morreale)