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Young Adam

Un cigno si muove sull’acqua gelida del canale Clyde. Ma ecco riaffiorare un corpo di donna. Lo trovano due chiattaioli. Ma chi è la donna? Chi l’ha uccisa? Se qualcuno l’ha uccisa… Nella Glasgow degli anni Cinquanta, il giovane fascinoso Joe da un paio di mesi lavora sulla chiatta di Leslie e di sua moglie Ella, donna spigolosa e acida. I tre vivono insieme con il bambino della coppia e trasportano carbone tra Glasgow ed Edimburgo. Joe diventa l’amante di Ella. E mentre i due consumano frettolosi (e scomodissimi) rapporti sessuali, mentre lei si addolcisce, mentre Les scopre tutto e se ne va, riemerge anche il passato di Joe. Che fatalmente conosceva la vittima, che si scopre essere irresistibilmente e anche perversamente attratto dall’altro sesso. E che dietro il suo enigmatico sorriso, i suoi silenzi, la sua apparente apatia, la sua indifferenza e il suo distacco…

Young Adam
è un noir del giovane regista inglese David Mackenzie, al suo secondo lungometraggio, tratto fedelmente (tranne per la scena del salvataggio del figlio di Ella) dall’omonimo romanzo di Alexander Trocchi, uno scrittore scozzese, tra i maggiori rappresentanti della beat generation degli anni Cinquanta. Un maledetto del suo tempo. E il suo romanzo passa per essere la versione scozzese de
Lo straniero
di Camus. Qui c’è la storia di un anti-eroe, scrittore fallito, un giovane che va avanti senza passioni, senza valori, senza emozioni, e apparentemente senza interesse alcuno se non il sesso, ora violento, ora perverso, più arrabbiato che innamorato, ma molto frequente (il film è vietato ai minori di 18 anni). Molto forte la scena di sesso (zeppa di citazioni) tra Joe e Cathy, l’ex ritrovata poi nel canale, con contorno di ketch-up, maionese e crema pasticcera. Una vita, quella del protagonista, anaffettiva sottolineata dai colori grigi del film, dai dialoghi scarni e distaccati, ma soprattutto da un bravissimo Ewan McGregor
(Trainspotting, Guerre stellari, Moulin Rouge!),
sigaretta sempre in bocca, andamento lento, sistenza annoiata, tranquillamente e inesorabilmente in fuga. Brava nella sua sgradevolezza di tratto e di carattere anche Tilda Swinton, nel ruolo della moglie e dell’amante, donna rassegnata, che riscopre solo per poco il sorriso, il vestito buono, il parrucchiere, il rossetto. Simpatico invece il personaggio di Les (Peter Mullan), l’unico che sembra vivere, l’unico che ha il coraggio di prendere una decisione… Ben utilizzato il flash back dal regista, che nega una soluzione o una presa di coscienza. Che fa del protagonista un uomo non innocente ma non completamente colpevole (perché in fondo è affascinante). E dipinge un mondo di atmosfere cupe, di carbone, facce sporche, nebbie e acque stagnanti come Joe. Sembra dire che la vita è questa, che il male è figlio anche dell’indifferenza, della pigrizia, dell’amoralità, della non-responsabilità… Fastidioso, morboso, interessante, intrigante.
(d.c.i.)