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Wild Side

Wild Side
non è un film allegro, non è un film costoso, non ha volti noti né personaggi particolarmente simpatici. L’ambiente è tra i più squallidi, sia dal punto di vista sociale, sia dal punto di vista territoriale. Il regista, Sébastien Lifshitz, sia pure con margini di libertà, è un seguace della scuola di Lars von Trier; quindi sonoro in presa diretta e camera in spalla con ossessivi primi piani e riprese ravvicinatissime. Eppure fa la sua strada e resiste ai deserti estivi, nelle sale oggi consideraste d’essai, con un buon successo di pubblico.

La storia è incentrata su una trans e su due giovani emarginati che assieme a lei convivono. Uno è un giovane russo di Odessa, che non parla francese e si mantiene in qualche modo facendo lo sguattero in un ristorante. L’altro è un giovane arabo che fa marchette nei gabinetti di una delle grandi stazioni parigine. Il regista rende artificiosamente anonimi tutti i luoghi della capitale e anche il triste paese natale la trans è costretta a tornare in seguito alla malattia della madre. Il film segue uno per uno i protagonisti, presentandoli, diciamo così, in azione.

La trans, «divinamente» truccata, sui vialoni di Parigi la notte; l’arabo che fa il prostituto da bosco e da riviera (alle donne però chiede cinquanta euro a prestazione, agli uomini venti) e il povero russo, ex soldato probabilmente in fuga, che cerca disperatamente di adattarsi a quella situazione con l’unica cosa che possiede, un’ingenua carica affettiva. Che non manca neppure agli altri e che, nello squallore, è l’unica forza che li sorregga. La malattia e successivamente la morte della madre della trans, che costringe il terzetto a continui viaggi tra la capitale e il paese, accentua il legame di affetto e di solidarietà risveglia nella donna ricordi di quando si chiamava Pierre e non Stephanie, una
rècherche
che è inutilmente dolorosa perché la vita sceglie, elimina e chiude.

Senza remore o moralismi (e forse con una certa intenzione ideologica) il regista indugia su tutti i possibili giochi sessuali tra di loro, anche in situazioni estreme, con clienti dalle richieste particolari. Tutto viene accettato dai tre giovani come se il destino non riservasse loro altre vie d’uscita, con disperazione cosciente ma anche con un salvifico amore e rispetto reciproco. E il regista, seguendoli, ossessivo e impietoso, riesce ad avvolgerli in una luce di struggente tenerezza.
(piero gelli)