V

Volesse il cielo!

Durante un inseguimento per le vie di Napoli, l’auto di un ispettore di polizia sbatte violentemente contro un cassonetto dell’immondizia. Dai rifiuti fa capolino un uomo sulla quarantina che sembra aver perso la memoria per il forte colpo ricevuto. Al commissariato nessuno riesce a risalire alla sua identità e parenti e amici non si fanno vivi: all’ispettore non resta che ospitare l’uomo, la cui ingenuità spinge lui e la moglie a trattarlo come un figlio. Lo «smemorato» non sembra riprendersi e nella sua vita entra Chiara, la più bella e corteggiata fra le colleghe dell’ispettore. Tutto sembra andare per il meglio, finché una serie di circostanze non svelano la vera identità dell’uomo.

Giunto al suo quarto lavoro da regista, Vincenzo Salemme rinuncia ai tratti che maggiormente avevano caratterizzato i suoi precedenti film (la spiccata napoletanità dei protagonisti, la femme fatale, l’amicizia tra uomini) e propone al pubblico una commedia di sentimenti che punta più sulla sceneggiatura (opera dello stesso Salemme) che non su battute capaci di strappare una risata. All’abbandono del registro comico corrisponde la rinuncia a riversare sullo spettatore torrenti di parole: il protagonista del film è uno stralunato e silenzioso osservatore della realtà che lo circonda, nella quale tenta continuamente di scorgere dei punti di riferimento che lo aiutino a ritrovare l’identità perduta. Anche la protagonista femminile, che nei film del regista e attore napoletano ha sempre avuto un ruolo tutt’altro che secondario, è diversa dal solito: rispetto alle varie Herzigova, Ferilli e Arcuri, accanto a cui Salemme ha recitato nei suoi precedenti lavori, Tosca D’Aquino è una bellezza più rassicurante e materna e interpreta con dolcezza un ruolo da donna «normale».

A rovinare parzialmente un film tutto sommato gradevole interviene purtroppo un finale surreale, frettoloso e un po’ tirato per i capelli. Difficilmente
Volesse il cielo!
permetterà a Salemme di conquistare nuovi fan, ma se non altro dimostra che questo regista è in grado di uscire da Napoli, dalla sua lingua e dai suoi cliché per tentare di percorrere strade nuove. La breve apparizione di Ciro Ferrara, Fabio Cannavaro e Vincenzo Montella nei panni di tre senza tetto abilissimi con il pallone manderà in brodo di giuggiole i cinefili-calciofili.
(maurizio zoja)