V

Velocità massima

Stefano ha un’officina. Fa il meccanico, non ha una lira (gli euro non c’erano ancora) e un sacco di debiti in banca. La sera va all’Obelisco, all’Eur, da dove le macchine partono per gare notturne a 250 all’ora. Arriva nell’officina Claudio, 17 anni, che coi motori ci sa fare ma non vuole più stare col padre, e comincia a lavorare (gratis) con Stefano. Che gli fa da fratello maggiore, dandogli lezioni – teoriche – di vita. Claudio, un puro di poche parole, ha una storia con Giovanna, barista in un locale sulla spiaggia, un po’ fragile, un po’ puttanella, dal carattere parecchio inconsistente. Hanno qualche sogno, poche speranze. Non hanno ancora vent’anni e tirano a campare tra la borgata romana e Ostia. Uno spaventoso rosso in banca costringe Stefano a puntare tutto su una corsa notturna con l’auto che Claudio ha contribuito a «elaborare»…
Film d’esordio di Daniele Vicari che ritrae uno spicchio della generazione dei ventenni di Roma, e giù di lì. Generazione di ragazze vestite tutte come moda (povera) comanda, di ragazzi che si arrangiano senza ammazzarsi di fatica, che vedono nei soldi (pochi) il riscatto da un’origine familiare modesta. Ma che a loro non basta più. Ma soprattutto è una generazione di ragazzi che hanno la passione delle auto, che Vicari aveva già analizzato in un documentario. Li conosce, ma non li giudica. Perché quella delle corse clandestine in un deserto notturno e cementificato come quello dell’Eur è una passione come tante altre. Che non finisce (qui) ancora in ossessione o pericolo mortale. Sono ragazzi così, che non sanno, o non possono, guardare-sognare-osare troppo in là. Omologati nei loro pensieri a corto raggio. Intruppati, ma fondamentalmente solitari nei loro egoismi piccoli piccoli. Stefano, un Valerio Mastandrea proprio bravo, figlio di un operaio in pensione, che si mette l’abito bello per andare in banca, è un opportunista come tanti altri. Gli serve la mamma per intercedere con papà per un prestito (e per lavare la biancheria sporca…) e allora si fa vivo. Gli serve la ragazza… Gli serve l’aiuto dell’amico. E non importa se per vincere una gara perde l’amico. Perché il sorriso finale di Stefano-Mastandrea ti lascia nel dubbio che un buco in banca tappato in extremis, del resto, sia più utile di un’amicizia vera… E lasciamo stare il monologo da macho de borgata con le istruzioni per l’uso delle donne. Si ride, perché è un discorso divertente. I ragazzi spettatori l’hanno già imparato a memoria. Ma che squallore… Vicari racconta quello che conosce. Azzarda, lodevolmente, montaggi accelerati, riprese delle corse in primo piano, corse da videogame. Ma è, forse, l’animo umano che gli interessa di più. Sufficiente per un debutto.