T

Titan A.E.

Anno 3028. La razza umana, al culmine del suo sviluppo tecnologico, viene annientata dagli spietati Drej. Il professor Tucker affida al figlio Cale un anello in grado di attivare un’ipersofisticata astronave di sua invenzione: il Titan A.E. 15 anni dopo: Cale lavora in una discarica spaziale; gli umani sono praticamente estinti, ma dal passato spunta fuori Corso, vecchio amico di Tucker, che tenta di convincere Cale a ritrovare il Titan A.E. e a lottare così per la causa dell’umanità. Dopo il flop di Anastasia Don Bluth ci riprova, ma Titan A. E. – al di là delle prodezze tecniche ostentate – è un’opera che riafferma tutti i limiti di un cineasta il quale, ossessionato dalla realizzazione e dal «maraviglioso», non riesce ad attivare alcuna suggestione narrativa. Sfruttando una misera traccia parahubbardiana (siamo dalle parti di Attacco alla Terra ), Bluth mette in campo tutti i progressi compiuti dalla sua squadra: e si tratta comunque di cose notevolissime, che però hanno il difetto di ritrovarsi in un film drammaticamente inerte, al quale manca quel soffio vitale che rende interessante anche il meno ispirato dei cartoon Disney. Come in una specie di showcase industriale, Titan A.E. risulta così un prodotto promozionale di tutte le maraviglie realizzabili in un futuro non lontano, del tutto privo di quel radicamento affettivo indispensabile per incontrare i bisogni immaginari del pubblico. (giona a. nazzaro)