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Time and Tide

Che cosa vede Tsui Hark? E soprattutto: come vede il mondo Tsui Hark? Di fronte a un film come
Time and Tide
, un delirio vorticistico inarrestabile che ha travolto il pubblico nottambulo del Palagalileo, l’interrogativo non è pigra accademia. Dopo l’umiliazione subita negli Usa (senza parlare del linciaggio critico subito), Tsui realizza un film che non solo estremizza la lezione di
Knock-Off
ma la rielabora, riconducendola alle origini del suo cinema e nella fattispecie (almeno per quanto riguardo il prologo) dalle parti di
Don’t Play with Fire
. Tentare di rendere conto della storia del film è impresa ardua.
Time and Tide
schizza via impazzito senza offrire allo spettatore nemmeno il tempo minimo per elaborare informazioni e dati visivi. Lo schermo panoramico, trattato come una tela pollockiana, è invaso da corpi, oggetti, colori, forme, volumi… Tsui attraversa (letteralmente) la materia dei corpi e spunta in Sud America, finisce in una sparatoria delirante tra militari e narcotraficantes, rimbalza indietro a Hong Kong, inscena una guerriglia urbana in un condominio, si trasferisce senza soluzione di continuità in una stazione… Un movimento inesausto, senza scopo alcuno (almeno apparente…) che travolge tutto al suo passaggio e senza far calare mai il tasso ritmico del film. Non a caso i personaggi, perennemente esausti, sudano, vomitano, ansimano, quasi non reggessero la follia del film. Giunto alla fine delle immagini del cinema (e non è un caso che il film si apre e si chiude parafrasando la Genesi), Tsui Hark si scopre l’unico cineasta in circolazione in grado di filmare il caos.

(giona a. nazzaro)