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Tandem

Fine anni Ottanta. Il presentatore radiofonico Mortez, insieme al suo tecnico Rivetot, attraversa in lungo e in largo la Francia con il quiz
La lingua del gatto.
Una trasmissione di piazza, un successo da oltre venticinque anni. Improvvisamente la radio ha deciso di chiuderla. Un telegramma li insegue per i comuni francesi con la comunicazione. Rivetot cercherà in tutti i modi di nascondere la cosa a Mortez: sarebbe una delusione troppo grande per un uomo che ha legato la sua esistenza a questo programma. La coppia, a bordo di un auto scassata, combatte ogni giorno contro i mulini a vento, odierni Don Chisciotte e Sancho Panza, persi in picaresche avventure. Rivetot sempre pronto a seguire il vecchio Mortez, come un fedele scudiero, pronto a difenderlo e a soccorrerlo. Ma cosa succederà quando il vecchio conduttore scoprirà che ha perso il lavoro della sua vita?

Tandem
uscì in Francia nel 1987. Grazie al successo dell’ultimo film di Patrice Leconte,
L’uomo del treno,
arriva in Italia dopo quindici anni. Un peccato e una fortuna insieme. Un peccato che si sia dovuto aspettare così tanto tempo per vedere un grande film. Un altro dopo
Il marito della parrucchiera, Ridicule
e lo stesso
L’uomo del treno.
Leconte ha abituato bene i suoi spettatori.
Tandem
è surreale, tragicomico, grottesco. Ma anche esilarante e macchiettistico. Un peccato che si sia dovuto aspettare così tanto per vedere un’altra magistrale interpretazione di Jean Rochefort. Un attore di grande momento cinematografico, che in ogni gesto ed espressione facciale svela un pezzo di palcoscenico teatrale. Ma è anche una fortuna. Perché vedere questo film è come ritrovare una vecchia fotografia nel fondo di un cassetto: piacere e malinconia allo stesso tempo. Dopo quindici anni ritroviamo un modo di fare cinema vicino a Jim Jarmusch. Un’ormai vecchia canzone di Riccardo Cocciante, cantante popolare in Francia, scandisce il tempo narrativo e ci fa un po’ immalinconire in mezzo alle gag dei due protagonisti. Si ride molto e bene. Un film che non può essere perso per una seconda volta.
(francesco marchetti)