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Stage Beauty

Siamo a Londra, all’epoca di Carlo II Stuart, che fu re in Inghilterra dal 1660 al 1685, dopo che suo padre era stato decapitato (Carlo I) e dopo che Cromwell e suo figlio ebbero regnato repubblicanamente per un decennio. Durante il suo regno successero molte cose, politicamente assai rilevanti, che al film non interessano: l’editto puritano che vietava alle donne di salire sul palcoscenico fu dal re stesso abrogato. Naturalmente, come successe nel cinema al passaggio dal muto al sonoro, molti attori persero il lavoro, tra i quali coloro che si erano specializzati in ruoli femminili. Il film racconta la storia – su un traliccio di verità rintracciabile anche in quel meraviglioso documento dell’epoca che è il Diario di Samuel Pepys – dell’ultimo interprete di ruoli femminili, Ned Kynaston, interpretato da Billy Crudup, intrecciando una vicenda poco credibile, da Eva contro Eva, condita da ambiguità sessual-sentimentale e con scontato lieto-fine.
Il film, che in realtà si salva proprio per la caratterizzazione secondaria, vorrebbe proporsi come genere storico-di costume, costume come marginalia historica di rilevante sociologia, ma con discutibili attualizzazioni, che il regista Richard Eyre pratica con molta nonchalance. Per esempio la ipernaturalistica interpretazione finale dell’uccisione di Desdemona è del tutto improbabile, e qualsiasi storico del teatro ne riderebbe; il duca di Buckingham (Ben Chaplin) che ascolta il derelitto amante in un Hammam simile a quelli di oggi, con tanto di asciugamanino in vita come in un gay-film preAids, lascia molto sconcertati sull’anticipazione dei costumi orientali al XVII secolo (ricordo che le Lettere persiane di Montesquieu risalgono al 1721). Ma sono quisquiglie di fronte alle grossolanità psicologiche delle inclinazioni sessuali del protagonista, incarcerato femmina in corpo maschile per educazione artistica: cioè siamo ancora alle volgarizzazioni più corrive della psicanalisi ad usum delphini, cioè Hollywood anni Quaranta-Cinquanta.
Insomma, un guazzabuglio storicamente e psicologicamente insensato, ma visibilmente molto accattivante e divertente. Tutto ricorda, in bene e in male, nella piacevolezza come nella cialtroneria Shakespeare in Love. Lo si vede e ci si diverte grazie alle interpretazioni di Crudup e di Claire Danes (Maria), al cammeo caricaturale di Carlo II di Rupert Everett, alla simpatica caratterizzazione di Samuel Pepys (interpretato da Hugh Bonneville), alla ricostruzione scenica della Londra e dei teatri dell’epoca. Quanto basta per andare a vederlo. (piero gelli)