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Sideways

Tratto dal romanzo di Rex Pickett,
Sideways
di Alexander Payne è un tipico road movie che, sulla falsariga del viaggio-vacanza, racconta l’incapacità di crescere di due adolescentoidi quarantenni che non riescono ad affrontare la consapevolezza della loro mediocrità.

In tale senso il film, notevole anche se forse troppo esaltato, è il rovescio del mitico

Easy Rider
di Dennis Hopper (1969). Là protagonisti erano due giovani, la loro cultura alternativa, le speranze, la ribellione; qui sono due falliti, con la giovinezza ormai alle spalle, patetici e puerili. Il primo è un insegnante depresso, per un matrimonio andato a monte e per frustanti e reiterati tentativi di pubblicare romanzi (nel corso del viaggio verrà a sapere che anche l’ultimo ha sortito l’ennesimo rifiuto); quasi a compenso dei propri fallimenti si rigenera in una raffinata e pretestuosa specializzazione di enologo, esperto soprattutto nei vini californiani e appassionato del Merlot di laggiù, che decanta e deliba con rapite e barocche metafore. È ovvio che cade spesso in cupe e rissose ubriacature. Il suo amico, con cui in realtà ha poco in comune, se non l’amicizia che risale ai tempi della scuola, è un bellone passé, ex attore di
soap comedies
declassato a interprete di spot pubblicitari.

Tanto il primo è colto, introverso, dubbioso, timido, quanto l’altro è ignorante, estroverso, sventato, sfacciato. Quest’ultimo si deve sposare con una fanciulla, figlia di un facoltoso armeno alle cui dipendenze finirà col lavorare l’aitante attore. I due amici decidono di fare l’ultima vacanza insieme, nella California dei vini, passando di azienda in azienda, degustando e affogando nei calici le ragioni del loro malcontento.

Il film inizia con il protagonista, uno straordinario Paul Giamatti nel ruolo dell’insegnante depresso, che parte da San Diego, raccatta l’amico (un efficace Thomas Hayden Church) e si ferma a casa della madre, non tanto per festeggiare il suo compleanno quanto per rubare alla vecchia i soldi dal cassettone, e si ubriaca e piange su se stesso e telefona allo moglie, che in realtà si è già risposata.

La prima parte del film, con le puntuali visite e illustrazioni e degustazioni di pregiati vini del luogo, rischia la propaganda eno-viticulturale californiana (come il romanzo di Mario Soldati
Addio diletta Amelia)
talmente si dilunga nel descrivere e nel mostrare i pregi di celebri vigneti, lungo tutto un tour turistico-alcolico di eccessiva degustazione. Ma poi per fortuna il regista dimentica questo filo conduttore per concentrarsi sulle peripezie patetiche e spesso spassose dei due ragazzi invecchiati, come l’incontro di due piacenti e ben disposte enologhe, con cui s’intrecciano amori e disamori, oppure la brutta avventura dell’incorreggibile dongiovanni costretto dal marito di un’occasionale amante a fuggire nudo nella notte.

Sideways in inglese vuol dire «a sghembo, obliquamente», come il percorso bistorto degli ubriachi, come l’esistenza che conducono i due protagonisti, sempre eccentrica rispetto a un centro di realtà continuamente negata. Il regista è abile nel raccontare per semitoni, alludendo a situazioni esistenziali di struggente tristezza e malinconia, non solo dei due eroi
à rebours,
ma anche delle loro occasionali conoscenze, così come è astuto nel virare nel comico, nello stemperare tutto in una sorta di panica, anzi bacchica, felicità di filmare o di vivere.
(piero gelli)