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Shark Tale

Oscar, pesciolino pulitore con le fattezze di Will Smith, abita in uno dei quartieri più popolari dell’immensa città che i pesci hanno costruito sul fondale marino: la sua unica aspirazione è quella di diventare ricco, per poter abitare in un attico dei quartieri alti e avere tutto ciò che desidera. Ma tutto ha un prezzo: così, Oscar riuscirà (grazie a un colpo di fortuna e ad una piccola bugia) a ottenere fama & fortuna, ma si attirerà le ire di Don Lino, potente padrino della famiglia degli squali e rischierà di perdere l’amore della sua Angie, dolcissima pesciolina-angelo. Lo aiuterà a tirarsi fuori dai guai lo squalo Lenny, figlio di Don Lino, che vive con difficoltà la sua condizione di squalo vegetariano.
Un cartone in cui i protagonisti sono pesci, interamente realizzato in computer graphic: facile dire «ma come, ancora?». Eppure, è esattamente quello che ci viene offerto dalla Dreamworks, l’unica casa di produzione che si può permettere di entrare in concorrenza frontale con il colosso Disney/Pixar.
Meglio dire subito che Alla Ricerca Di Nemo è effettivamente migliore di Shark Tale, sia dal punto di vista estetico che da quello dei contenuti. Ma Shark Tale, pur senza essere un capolavoro, è un ottimo prodotto, una pellicola confezionata con grande cura. Senza preoccuparsi troppo di essere politically correct, il film si permette addirittura di mettere alla berlina la cultura popolare americana e allo stesso tempo i valori che maggiormente improntano la società occidentale, primo fra tutti la ricerca del successo e della ricchezza.
L’idea migliore è certamente quella di caratterizzare ogni personaggio-pesce con le fattezze dei doppiatori originali, tutti più o meno famosi: da antologia il pesce palla Sykes, che mantiene le inconfondibili sopracciglia del grande Martin Scorsese. Ma non c’è solo questo. Shark Tale è fondamentalmente costruito sulla presa in giro della cultura black, diventata dominante nella società americana principalmente grazie al grande impatto della musica hip-hop. E in effetti molte delle sequenze citano esplicitamente l’estetica dei video rap: oggetti costosi, case faraoniche, belle donne sono sempre presenti nei sogni di gloria di Oscar. Questo gioco si esplicita soprattutto nella lunga sequenza che descrive la dolce vita di Oscar nel momento in cui diventa ricco e famoso: le dissolvenze incrociate lo presentano nei tipici atteggiamenti del rapper di successo, dando allo spettatore l’impressione di trovarsi davanti a una versione acquatica di Mtv. Essendo dunque una specie di black comedy marina, Shark Tale si avvale di una sceneggiatura veramente notevole: brillante, piena di trovate divertenti e di battute fulminanti, che calzano a pennello al personaggio di Oscar-Will Smith. Un’ottima scelta di doppiatori anche per l’edizione italiana (piuttosto azzeccati Luca Laurenti e Luisa Corna) completa il quadro. E una menzione speciale meritano i Pali e Dispari, che prestano la voce dei loro personaggi Capsula e Nucleo a due spassosissime meduse rasta. Insomma, Shark Tale è divertente, piacevole e molto attuale: non sarà il re dei cartoon acquatici, ma offre certamente un sacco di buoni motivi per farsi apprezzare dagli spettatori. (michele serra)