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Se fossi in te

Tre personaggi, tre storie differenti che s’incontrano e per caso s’invertono. Un industriale, un dee-jay e un padre di famiglia che aspirano alla vita dell’altro e così vengono accontentati. Citando
Sliding Doors
e altre pellicole incentrate sullo sdoppiamento (da
Un povero ricco
in avanti), Giulio Manfredonia, al suo esordio, riesce a mettere insieme un buon cast (preso in blocco da
Mai dire gol
) e una storia piacevole, raccontata con leggerezza, stile e humour. C’è l’amministratore delegato cattivo e depresso, Bernardo Braschi Lentini (Gioele Dix) della potentissima Braschi e Lentini, c’è Christian il dee-jay (Fabio De Luigi) con il pignoratore mandato dal tribunale che gli porta via moto e oggetti perché è pieno di cambiali non onorate, e c’è Andrea (Emilio Solfrizzi), il padre di famiglia frustrato, con aspirazioni fallite di cabarettista e una professione da contabile. I tre si trovano su una spiaggia, «Se fossi in te…» si dicono. Detto fatto: il ricco diventa padre di famiglia, il dee-jay il ricco e il padre di famiglia il dee-jay. Gli altri non se ne accorgono. E comincia il triplice balletto, ma alla lunga i tre cascheranno negli stessi errori. La personalità non cambia, come la carta d’identità o l’aspetto. La trovata non è originale (il ricco che diventa povero…), ma nel finale ognuno (il padre frustato che ha preso il posto del dee-jay ha messo incinta la farmacista, ma sarà il dee-jay – da sempre innamorato della farmacista – che aveva preso il posto del ricco a crescere la bambina non sua…) resta con la nuova identità in un gruppetto di tre coppie con figli dove tutti sono amici. Solo i tre maschi sanno la verità. Quindi non si torna alla situazione originale. Il cambio resta per sempre. Qualche battuta è buona, regge anche il complicato scambio di identità per una commediola che alla fine lascia di buon umore. Ma niente più.
(andrea amato)