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Quills-La penna dello scandalo

Il marchese Donatien Alphonse François de Sade è segregato nel manicomio di Charenton, istituto diretto dall’illuminato abate Coulmier. Grazie alla complicità della procace Madeleine, cui Coulmier ha insegnato a leggere e scrivere, il Divin Marchese trasmette al suo editore le proprie opere. Ma la pubblicazione di «Justine» suscita persino l’ira di Napoleone, che – su suggerimento dei suoi consiglieri – decide di inviare a Charenton il dottor Royer -Collard, noto per i metodi brutali adottati nei confronti dei pazienti, per mettere a tacere Sade. Sgombrando il campo dagli equivoci, il film di Kaufman – un ottimo regista cui si devono, tra gli altri, il primo remake de
L’invasione degli ultracorpi
e
Uomini veri
– risulta un buon lavoro (anche se a tratti tende a «formaneggiare» un po’…). Il Sade di Doug Wright – l’autore della pièce da cui è tratto il film – è essenzialmente il prototipo dell’artista maledetto: individualista, inevitabilmente geniale, in anticipo sui tempi e compulsivamente spinto a «creare» dalla propria incontrollabile natura. Wright (lo confessa egli stesso nelle accurate note del pressbook) è ossessionato dal desiderio di dare un volto a Sade. Kaufman lo segue su questa strada e mette in scena un sontuoso melodramma barocco. Fatalmente, però, la complessa dimensione dell’opera sadiana viene ridotta alla sua presunta oscenità; si mettono a tacere tutte le implicazioni linguistiche e teoriche ruotanti intorno alla sua scrittura – l’aspetto più inquietante dello sterminato corpus del Marchese – per privilegiare essenzialmente l’impatto di Sade sul costume (dei suoi contemporanei e nostro), dimenticando di fatto la sua preveggenza politica: basti pensare al pamphlet «Francesi, ancora uno sforzo». Dunque, se l’impianto teorico risulta discutibile e prevedibile, resta il versante strettamente formale, che invece conquista nonostante la presenza del sopravvalutato Geoffrey Rush. Kaufman sfoggia un occhio non banale e si inventa sequenze dal notevole impatto visionario (l’incipit, la trasmissione orale dell’opera di Sade, la follia necrofila di Coulmier). Insomma un film altalenante, che sfoggia un ottimo Joaquin Phoenix e induce a perdonare a Kaufman il precedente e pessimo Sol Levante.
(giona a. nazzaro)