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Pitch Black

Riddick è un pericoloso assassino che deve essere tradotto in un carcere di massima sicurezza. Ma l’astronave pilotata dal comandante Fry si schianta su un pianeta illuminato dall’accecante luce di tre soli. Riddick riesce a fuggire e i superstiti devono preoccuparsi di qualcosa di ben più letale di lui. Provate a sommare
Ombre rosse, Aliens, Terrore nello spazio, Mad Max, Le ali della notte, Pianeta del terrore
. Il risultato è
Pitch Black
, non un patchwork di campionature cult ma un vero e proprio gioiellino di serie B, come avrebbe potuto dirigerlo la Barbara Peters di
Humanoids from the Deep
o la Stephanie Rothman di
Velvet Vampire
(d’altronde quest’ultimo richiama immediatamente la qualità della luce del film di Twohy). Uno script articolato, popolato di personaggi sfaccettati e dallo sviluppo psicologico non lineare, un’economia della messinscena dell’effetto speciale magistrale, un sapiente alternarsi tra visibilità totale e buio assoluto, oltre a scenografie evocative ed essenziali, ne fanno una vera e propria sorpresa (l’unica che il genere ci abbia rivelato da
The Night Flier
di Mark Pavia in giù). Twohy, dal canto suo, evidenzia una buona capacità di sguardo, gioca con le immagini del deserto e la tecnologia rottamata come il «missing» Richard Stanley e lascia ben sperare per il suo futuro. Un film che giunge come una boccata di aria fresca (e di intelligenza) in un genere saturato da luoghi comuni e grafica digitale.
(giona a. nazzaro)