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Piccoli affari sporchi

Okwe è un immigrato nigeriano che vive nei sobborghi di Londra dove condivide uno squallido appartamento con Senay, giovane turca senza permesso di soggiorno. I due coinquilini non si vedono quasi mai. Okwe sbarca il lunario facendo il tassista e il portiere di notte nello stesso albergo dove Senay durante il giorno lavora come donna delle pulizie. Drogato di caffeina e stimolanti per non cedere al sonno, l’uomo, che nel suo paese d’origine era un medico, si prodiga per aiutare chi, come lui, si trova in un Paese straniero senza assistenza sanitaria. Una notte Okwe fa una macabra scoperta in una delle stanze dell’hotel. Intuendo che qualcosa di terribile sta accadendo nell’albergo, il povero nigeriano si ritrova, suo malgrado, coinvolto nei loschi affari del pericoloso sottobosco criminale della periferia londinese.

Stephen Frears torna ancora una volta a raccontare storie di vita vissuta.
Piccoli affari sporchi,
pellicola girata nel 2002, è focalizza la sua attenzione su tematiche sociali come globalizzazione e immigrazione clandestina: la storia di Okwe e Senay diventa il pretesto per mettere in scena una realtà invisibile, quella di coloro che «guidano i nostri taxi e che puliscono le nostre camere», disposti a svolgere mansioni umili pur di non tornare nei Paesi d’origine. Ma il regista, accanto alle tematiche sociali legate alla vicenda narrata, pone anche elementi mutuati dal thriller dando vita a un prodotto multiforme e difficile da classificare. Nella prima parte si assiste alla messa in scena della miseria e delle difficoltà dei protagonisti, passando attraverso lo sfruttamento e il disagio sociale. La tensione e il mistero subentrano invece successivamente quando, con la trovata del traffico di organi, il film vuole trasformarsi nelle intenzioni del regista in un vero e proprio giallo. In realtà il tentativo di fare della pellicola un pamphlet sociale ne limita fortemente anche la riuscita. Si ha la netta impressione che la storia segua due fili conduttori che poco hanno in comune e che a tratti si incontrano dando vita a un risultato confuso. Anche se il vago intento poetico di Frears riesce a emergere in qualche punto. Significativo in questo senso il primo piano di un cuore umano buttato nello scarico del bagno a rappresentare metaforicamente la perdita da parte dell’individuo della pietas verso i propri simili. Poco convincente la graziosa Audrey Tautou, già protagonista de
Il favoloso mondo di Amelie,
qui alle prese con i toni drammatici di un ruolo forse poco adatto alle sue corde. Bravo, invece, Chiwetel Ejiofor nei panni del protagonista. Su tutti spicca Sergi Lòpez che sapientemente interpreta nel film l’ammiccante e sgradevole Sneaky, il gestore del sordido hotel dove si consuma il dramma. Frears, regista abile e arguto nel delineare personaggi e situazioni, sembra purtroppo perdere parte del suo tocco, offrendo un prodotto in cui l’avvicendarsi degli eventi confonde lo spettatore anziché coinvolgerlo. E, se i sobborghi di Londra abitati da immigrati, prostitute e piccoli delinquenti in lotta per la sopravvivenza ricordano le struggenti ambientazioni di loachiana memoria, il lavoro rimane un’occasione mancata rispetto alle intenzioni indubbiamente buone del regista.
(emilia de bartolomeis)