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Pianeta rosso

Per far fronte al sovrappopolamento della Terra, viene varata una missione spaziale su Marte per saggiare le condizioni di vivibilità del pianeta. Ma i problemi iniziano già durante la fase dell’atterraggio.
Pianeta rosso
affida massime alberoniane ai suoi interpreti, accumula déjà vu e citazioni, si dilunga in spiegazioni parascientifiche e ottiene un unico risultato: la noia. Terence Stamp, che è uno serio, pensa bene di morire subito per togliersi dall’imbarazzo, perché altrimenti avrebbe dovuto vedersela con AMEE, versione
Terminator
dell’innocuo robotino di Corto circuito. La sceneggiatura (cui ha messo mano anche il letale Chuck Pfarrer) non trova niente di meglio che accumulare problemi tecnici per far aumentare (?) la tensione. Esempio: «Oddio! Ci serve una batteria!», «Eccola!»; «Oddio! Ci serve una presa!», e così via. Nemmeno la fotografia del cronenberghiano Suschitzky riesce a destare il minimo interesse, ed è quanto dire. E pensare che il De Palma di
Mission to Mars
, straordinario saggio filosofico sul cinema alla fine del cinema, ha dovuto subire tali stroncature!
(giona a. nazzaro)