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Pater familias

A Casoria, praticamente il Bronx di Napoli, Matteo (Luigi Iacuzio) ritorna dopo dieci anni di carcere, dopo aver ucciso il fratello stupratore della sua ragazza, per dare l’ultimo saluto al padre. Un viaggio proustiano nei luoghi dell’infanzia e di un’adolescenza bruciata tra la piccola delinquenza. Una società di fantasmi, dove la figura del padre è inesistente, per vari motivi. Le vittime di questa situazione diventano a loro volta carnefici. Tutto questo nel corso di una giornata. Adolescenti morti, stupri, incesti e orrori fisici e psicologici. Però c’è la religione e forse questa può essere una via d’uscita. Un film indipendente che segna l’esordio alla regia di Francesco Patierno. Una pellicola dura, raffinata, coraggiosa. Tratto dall’omonimo romanzo di Massimo Cacciapuoti, ispirato a un tragico fatto di cronaca degli anni Ottanta, molto ben girato e recitato. Si nota distintamente l’ossessione per la realtà da parte del regista. Un film estremo per violenza e per lingua, recitato in dialetto napoletano stretto e per questo sottotitolato in alcune parti. Girato con telecamere nascoste per avere il più possibile reazioni vere da parte della gente di Casoria. Presente e flashback ben distinti da soluzioni registiche originali, ma pulite e lineari con la narrazione. Costato 400mila euro,
Pater familias
non ha ricevuto finanziamenti statali e pochi film come questo lo meriterebbero davvero. Pagato integralmente dal produttore e dagli attori, che hanno lavorato gratuitamente. Ben accolto al Festival del Cinema di Berlino, è un film da vedere.
(andrea amato)