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Otesánek

Chi o cos’è
Otesánek
? Cosa sussiste dietro questo curioso nome, che rapidamente suscita il ricordo di Odradek, quella strana creatura del bestiario kafkiano di cui nessuno sa dare spiegazione, né della sua forma, né del suo nome?
Otesánek
è una fiaba appartenente alla storia letteraria ceca, raccolta dal poeta e narratore ottocentesco Karel Jaromír Erben con un’operazione tipica nella storia della letteratura risorgimentale, in cui il patrimonio folclorico diveniva strumento di identità nazionale (uno dei personaggi del film, la bimba Alzbetka, legge avidamente testi scientifici di educazione sessuale – titoli imprescindibili, del genere
Rapporti sessuali e pianificazione delle nascite
. Ripresa dal padre, cela le letture sotto la sovraccoperta di Erben, raccogliendo la più viva approvazione del genitore. Tanto per spiegare il ruolo nefasto di certi scrittori…). Il cineasta e animatore ceco Jan Švankmajer riprende la fiaba di Erben, operando due fondamentali spostamenti. La storia del ceppo di legno adottato come bambino da una coppia sterile, prima animatosi e poi divenuto un mostro bulimico, viene spostata nella contemporaneità, nella piatta e stolida quiete di una famiglia della piccola borghesia ceca. Allo stesso tempo il carattere sanguinoso e crudele della fiaba popolare, edulcorato dai letterati ottocenteschi, viene ripristinato attraverso il filtro delle letture freudiane, da sempre frequentate dal regista surrealista. Il risultato è uno dei più felici nella trentennale carriera di questo cineasta di culto, sempre più incline a misurarsi con forme narrative maggiormente complesse del cortometraggio a lungo prediletto. Perciò Švankmajer abbandona in parte la violenza di determinati procedimenti di animazione, e ricorre in più occasioni alle strutture narrative dell’horror, distendendo maggiormente i tempi del racconto.

Otesánek
è innanzitutto la storia di una malattia, di una gioiosa e perversa deviazione dalla norma, come tutte le smodate e coltivate passioni dei
Cospiratori del piacer
e (1996): la malattia di una coppia borghese incapace di avere figli, che piano piano scivola verso la magnifica ossessione, il cui frutto è un ceppo animato. Švankmajer inserisce questa vicenda in un circuito figurativo ossessivo, in cui la nascita e la maternità vengono continuamente associate al tema del cibo e a quello della terra e della crescita; la ricorsività delle associazioni è improvvisa e inquietante, il loro principio perturbante. Lo stesso metodo formativo funziona anche sulla «creatura»: un ceppo di legno improvvisamente dotato di un unico orifizio, su cui si affacciano alternativamente occhi, denti, lingua, e probabilmente sfintere, in una compresenza incongrua di materiali davvero ripugnante. Ma
Otesánek
è pure la storia di una lotta tra principi interpretativi: da un lato la coppia di «cospiratori/genitori» e la bambina Alzbetka, l’unica a cogliere sapientemente l’orrore in atto; dall’altro un’ottusa e stolida società non meno mostruosa, impegnata a divorare canederli e zuppe, cioccolatini spermatici e boccali di birra. Una società già morta, pronta a fare da pranzo a quello strano bambino che è
Otesánek
… (
francesco pitassio
)