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Monsters & Co.

Benvenuti a Mostropoli, dove «We scare, because we care», spaventiamo perché ci preoccupiamo. Dalle urla dei bambini spaventati dai mostri si ottiene l’energia che consente ai suoi abitanti di vivere. Il più efficiente dei mostri spaventatori è Sully, un simil-orso alto due metri e mezzo con le corna e il lungo pelo di un verde che tende al viola, assistito da Mike, una palla verde con un occhio solo… I mostri terrorizzano i bambini entrando nelle loro camerette attraverso le porte che sono allineate a migliaia proprio alla Monsters & Co., la fabbrica più importante di energia da urlo. A loro volta i mostri non possono essere toccati dai bambini che li contaminano. Ma accidentalmente Sully lascia entrare nella cittadella dei mostri una bambina, Boo. I due e Mike diventano inseparabili. La bambina è braccata, ma i due la proteggeranno fino a quando non la riporteranno nella sua cameretta…
Altro capolavoro firmato dall’accoppiata Disney-Pixar. Geniale l’idea dell’energia prodotta dagli strilli dei bambini, geniale la trovata delle porte cui si accede nelle camerette dei piccoli, geniali tante altre invenzioni minori che divertono e stupiscono come il contagio prodotto dai bambini (ma basta anche il contatto con un calzino di un baby umano)… I protagonisti sono orribilmente simpatici e coloratissimi: dai due protagonisti Sully e Mike (che in Usa hanno le voci di John Goodman e Billy Crystal) agli altri abitanti di Mostropoli. Da Randall, un quasi dinosauro violetto (interpretato nell’edizione originale da Steve Buscemi) alla romantica Celia, la centralinista fidanzata di Mike, dal corpo di sirena, un occhio solo in fronte e dei serpenti per capelli e al posto dei piedi, da Roz, il cattivo che si muove come un lumacone, alla dolcissima Boo. Ma poi ci sono creature con tre teste, quelle con tre occhi (o uno solo, o quattro), quelle che al posto delle gambe hanno tremende chele da granchio, i serpentoni, i rettili…
Monsters & Co., è il quarto sodalizio artistico-tecnologico tra la Pixar e la Disney (dopo Toy Story, A Bug’s Life e Toy Story 2). Sbalorditivi i risultati ottenuti dalla Pixar, che da quindici anni si occupa di animazione al computer. Rispetto a Toy Story sono più che raddoppiati i Rendermarks (da 1,1 milioni a 2,5), le misure, sviluppate dalla Pixar, che registrano la capacità di resa del sistema informatico. Particolarmente impegnativa l’animazione del pelo di Sully e della T-shirt rossa di Boo che si muove indipendentemente dalla bambina: presentano ombreggiature, densità e movimenti che sembrano davvero reali. Il regista, Pete Docter, ha spiegato come è nato il film: «Dopo Toy Story, ho pensato a qualcosa che quando ero bambino mi sembrava vera. Sapevo che i mostri esistevano e si nascondevano negli armadi, soprattutto di notte. Quando i miei vestiti si trasformavano in tentacoli, chele, occhi spalancati… Allora abbiamo cominciato a pensare che doveva esserci qualche ragione perché i mostri spaventano i bambini. Ecco, siamo partiti da qui…». Docter ha poi mandato i suoi animatori a studiare le vecchie fabbriche nei dintorni di Pittsburgh: la Monsters & Co., infatti, nella fantasia dei suoi creatori, doveva essere stata costruita negli anni Sessanta, in pieno baby boom. E adesso, nel nuovo secolo, poteva ancora contare sulle scorte di energia prodotta quando spaventare i bambini era più facile di ora. Per questo la fabbrica sembra un po’ vecchiotta. Quando il film è uscito negli Usa, nel novembre 2001, è subito balzato in cima al box office, moltissimi gli spettatori adulti (il 40 per cento). Monsters & Co., è candidato agli Oscar nella neonata sezione dedicata ai film di animazione (ma anche comme miglior colonna sonora, miglior canzone e miglior montaggio sonoro), se la deve vedere con un colosso come Shrek. Nell’edizione italiana il doppiaggio è affidato a Loretta Goggi, Daniele Formica, Ludovica Grisafi, Marina Massironi, Adalberto Maria Merli e Tonino Accolla. (d.c.i.)