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Mery per sempre

Un insegnante viene nominato al carcere minorile di Rosaspina, e deve scontrarsi con l’ostilità dei ragazzi e degli impiegati e con le tensioni provocate dall’arrivo in carcere del «femminiello» Mery. L’incontro tra il robusto mestiere di Risi, il didatticismo democratico di Rulli e Petraglia e il naturalismo un po’ morboso di Aurelio Grimaldi (autore del romanzo-verità da cui è tratto il film) riesce a infondere vita in un cinema italiano al termine del peggior decennio della sua storia. Molti i compromessi (dall’uso della musica alla presenza di Michele «Piovra» Placido) ma è comprensibile: questo film apriva le cataratte, faceva approdare sullo schermo con forza devastante una realtà che, a dispetto di tutto il filone del cinema politico, non si vedeva da decenni. Oggi
Mery per sempre
appare un film datato ma, se rivisto con occhio di «storici», utile nell’affermare quella riscoperta della realtà che ha preparato il terreno a film come
Il ladro di bambini
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(emiliano morreale)