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Mary

Un regista e attore di Hollywood (Matthew Modine), abituato a sguazzare nello
star system,
gira in Terra Santa un film sulla passione di Gesù, intitolato
This is my blood
(Questo è il mio sangue). L’attrice che interpreta Maria Maddalena (Juliette Binoche) subisce una profonda crisi religiosa e decide di non lasciare Gerusalemme per continuare la sua personale ricerca nella fede. Finirà però per sperimentare anche le drammatiche contraddizioni della lotta che oppone israeliani e palestinesi. Intanto, oltre Oceano, un telegiornalista (Forest Whitaker) che conduce un seguito programma su questioni teologiche, è pronto a tutto pur di avere in trasmissione il regista e l’attrice. Per farlo è costretto a trascurare la moglie (Heather Graham) in attesa del primo figlio, arrivando fino al tradimento.

Non si può ignorare questo film di Abel Ferrara, passato in concorso a Venezia nel 2005 e premiato dalla critica. Ma non lo si può neanche amare, per la supponenza con la quale il regista – (ri)trapiantato da tempo in Italia – pretende di: a) muovere una critica neanche tanto velata alla gibsoniana e papalina

Passione di Cristo;
b) rappresentare la forza connaturata alla ricerca genuina della fede; c) rivalutare il ruolo biblico della Maddalena recuperandone l’immagine di «tredicesimo apostolo» contenuta nei vangeli apocrifi; d) mostrare l’abisso di abiezione in cui cade l’uomo quando: d1) nega a se stesso la fede o quando (d2) un insieme di uomini, un intero popolo, negano giustizia a un altro popolo, mantenendo inalterato il loro credo in un Dio che considerano infallibile giusto e compassionevole; e) lanciare uno strale contro l’onnivora industria cinematografica. Non che in questo coacervo di questioni sensibilissime non si colgano lampi di cinema di adamantina purezza; non che la prestazione del trio di attori principali non valga di per sé una visione. Ma l’insieme risulta opprimente e a tratti gotico, lasciando lo spettatore un po’ sgomento. Né turbato, né edificato.
(enzo fragassi)