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Manila paloma blanca

Carlo Carbone è un barbone torinese, sofferente di una patologia psichica. Una volta era un attore affermato, ora si trascina in un purgatorio fatto di assistenza sociale, figure altrettanto disturbate, miseria urbana. Un giorno conosce Sara, una donna raffinata e legata alla comunità ebraica di Torino; nello stesso periodo ha l’occasione di tornare a scrivere un copione. Quanto durerà? «Manila paloma blanca!». Con questo urlo lancinante, da bestia ferita e irredenta, si apre il film omonimo di Daniele Segre. È la voce di Carletto Colnaghi a lanciarlo, bucando il diaframma dello schermo. Operazione vampiresca condotta sulla pelle e la carne di un attore effettivamente schizoide, la finzione
Manila paloma blanca
svela le carte del cinema documentario di Segre: nella migliore tradizione dell’instant movie italiano, la sua ricerca sull’emarginazione nel nostro Paese gode sempre di un’acuta intelligenza della spettacolarità del mostruoso. Il milieu ebraico, da cui Segre stesso proviene, e i gironi infernali dei servizi pubblici sono rappresentati con rara sensibilità. Tra gli intepreti, Lou Castel incarna con putrida stasi i panni di un drop-out.
(francesco pitassio)