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Madame Bovary

Per difendersi dalle accuse di oscenità, Gustave Flaubert racconta la storia di madame Bovary, moglie sognatrice, quindi adultera e infine tisica. Con ben maggior ragione di Flaubert (e con tutte le aggravanti hollywoodiane del caso), un regista come Vincente Minnelli poteva affermare che «Madame Bovary c’est moi». Fin troppo: il suo stile fiammeggiante da musical si mantiene anche qui su toni molto accesi, con l’eroina vidoriana Jennifer Jones che trattiene a stento occhiate assassine. Lungi dalla raffinata dissezione operata dal romanzo, Minnelli è correo e partecipe delle vicende della sua protagonista, e si scatena in scene-clou come quella – quasi coreografata – dell’ingresso nel salone da ballo. Un melodramma purissimo, nemmeno troppo kitsch, più bovaristico che flaubertiano.
(emiliano morreale)