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Ma mère

Allevato dai nonni, l’adolescente Pierre ha sviluppato una sconfinata venerazione per la madre. Quest’ultima è tutt’altro che un esempio di moralità e durante un soggiorno alle Canarie decide di rivelare al figlio la propria vera natura, iniziandolo ai piaceri della perversione e cancellando l’immagine che il ragazzo si era costruito durante gli anni di lontananza dalla madre.

Tratto dall’omonima opera incompiuta e postuma di Georges Bataille, il primo capitolo della carriera cinematografica di Christophe Honoré, anch’egli scrittore, arriva sugli schermi italiani preceduta dalle furibonde polemiche scatenatesi in Francia dopo l’esclusione della pellicola dall’ultimo Festival di Cannes. Una decisone motivata dal tema scabroso affrontato dal film, si potrebbe pensare. Molto più probabilmente i selezionatori della rassegna hanno ritenuto l’opera assai poco adatta al confronto con concorrenti di tutt’altro spessore. Nonostante un’ottima Isabelle Huppert,
Ma mère
è infatti ben poca cosa: noioso e affossato da dialoghi spesso improbabili, il film si trascina stancamente verso una conclusione assai prevedibile. Unica nota positiva, oltre alla prova della già citata Huppert, la presenza del giovanissimo Louis Garrel, già protagonista di
The Dreamers
di Bernardo Bertolucci e attore di sicuro avvenire.
(maurizio zoja)