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L’uomo che non c’era

Estate 1949, Nord della California, immagini in bianco e nero e voce fuori campo. Ed (Thornton) da sempre lavora nella bottega di barbiere di suo cognato Frank, uno che parla moltissimo. Ed, invece, è molto silenzioso, fuma e basta. La sera torna a casa dalla moglie, Doris (Mcdormand), prepotente, traditrice e ambiziosa. Ed lo sa, ma lascia correre. Un giorno si imbatte in un uomo che ha la scoperta del secolo in mano, ma gli servono diecimila dollari per aprire la prima tintoria con lavaggio a secco. Ed vede uno spiraglio di miglioramento per la sua vita e così ricatta l’amante di sua moglie per farsi dare i soldi. Le cose precipitano e perde il controllo. Premiato all’ultimo Festival di Cannes per la migliore regia, L’uomo che non c’era è un gran bel film, la solita perla dei fratelli Coen. Amaro, poetico, a volte surreale, cinico, duro e ironico. Billy Bob Thornton ormai sembra inarrestabile, non sbaglia mai un ruolo e Frances Mcdormand, ritornata sotto la regia del marito Joel Coen, dopo l’Oscar conquistato per Fargo , è perfetta. Come ogni volta la fotografia di Roger Deakins è impeccabile ed emozionante e questa volta, dopo i colori caldi di Fratello dove sei? , ha interpretato bene un suggestivo bianco e nero. L’idea del film era venuta ai fratelli Coen ai tempi di Mister Hula Hoop nel 1994 e doveva essere realizzato prima di Fratello dove sei? , ma gli impegni di George Clooney hanno fatto invertire gli ordini di precedenza. I Coen, nella scrittura della sceneggiatura, si sono ispirati ai romanzi di Cain, in cui la gente normale è protagonista e dove, dietro tutta quella banalità e normalità, a volte si cela l’incredibile. (andrea amato)