L

Liberi

Vincenzo, detto Vince, ha vent’anni e vive a Bussi, un paesino di montagna vicino a Pescara. Suo padre, Cenzo, fa l’operaio in un azienda petrolchimica. Il suo reparto chiude e dopo trent’anni di lavoro viene licenziato. Lui e suoi colleghi vengono riciclati in lavori socialmente utili. I sindacati invitano a resistere. Qualcuno non ce la fa e decide di togliersi la vita. Cenzo si mette a letto e si ammala di depressione. La famiglia si disintegra. La moglie trova lavoro a Pescara, si innamora di un altro uomo, vuole rifarsi una vita. Anche Vince trova lavoro a Pescara, in un ristorante. Qui incontra Genny, sua coetanea che fa la cameriera. Cerca di aiutarla a superare le sue crisi di agorafobia. Cerca di aiutare suo padre che non vuole accettare di essere abbandonato dalla moglie. E che aiuterà lui a essere finalmente libero.

Presentato a Venezia60 nella sezione Controcorrente,
Liberi
è un film molto «virziano». Simile in alcuni tratti a
My name is Tanino,
non è bello come
Ovosodo.
Il protagonista è un ragazzo che comincia a fare i conti con il mondo. Sullo sfondo, il suo rapporto con il padre. In
Ovosodo
il padre era un carcerato, in
My name is Tanino
era assente perché morto in un regolamento di conti. In
Liberi,
Cenzo è un operaio che con il licenziamento perde la dignità e il rispetto di se stesso, con la moglie che gli dà il colpo di grazia mettendosi con un altro. Siamo lontani dalle famiglie borghesi di Muccino, in questo film la gente dice che «in qualche modo i soldi si trovano», si fa in quattro per mandare i figli a scuola. Come nei film di Virzì, anche qui un giovane tenta escursioni in ambienti diversi dai suoi, si innamora perdutamente ma fatica a sciogliere il nodo che lo lega alle sue origini, al suo humus sociale e affettivo. Fatica ad essere libero. A causa della sua scarsa originalità e dei tanti (forse troppi) temi toccati e non approfonditi, il film risulta nel suo complesso incompiuto e per certi versi scollato in alcune sue parti. Fra gli attori, l’unico a salvarsi è Luigi Maria Burruano (Cenzo), una carriera cinematografica e teatrale di tutto rispetto. L’unica faccia da cinema del film trasmette un certo respiro al suo personaggio, due spanne sopra tutti gli altri. Nel cast, anche diverse comparse non professioniste, i lavoratori della fabbrica petrolchimica, l’ex-Montedison. Forse il pregio della pellicola è proprio quello di aver scelto di parlare di storie poco divertenti ma vere, senza effetti speciali, lontane dai consueti territori del cinema italiano.
(francesco marchetti)