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L’elemento del crimine

Lars von Trier è il regista più sopravvalutato degli ultimi anni. Prima del romanzo d’odio delle
Onde del destino
, prima del marketing del
Dogma
, prima dell’hard (censurato) di
Idioti
, prima dell’ambiguo successo di Cannes, il regista danese esercitava la propria presunzione su una scala produttiva minore. Identica, invece, è l’inadeguatezza dei mezzi ai fini. Film criptico e avviluppato su se stesso, linguisticamente sospeso fra sperimentalismo avant-garde e trovate da tv locale,
L’elemento del crimine
mira decisamente in alto, addirittura a tratteggiare il destino dell’Europa di fine millennio. Per farlo utilizza l’armamentario standard dell’intellettualino europeo anni Ottanta con l’avventura esotica che sfuma nell’obbligatorio noir destrutturato, in un tripudio di trovate visive e di citazioni moderatamente colte. Se vi fa tristezza vedere Henry Lime chiamato a sostegno di un dilettantesco bigino del nichilismo andate a vedere la riedizione di
Il terzo uomo
.
(luca mosso)