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Le ragazze del Coyote Ugly

Il bancone di un bar aperto tutta la notte può trasformarsi nella ribalta ideale per il coronamento del sogno americano, per chi sia disposto a esibirsi ogni notte a beneficio di una folla di scalmanati. Così la giovane Violet, cantautrice timida e al verde, trova – papà John Goodman permettendo – la maniera per superare l’imbarazzo iniziale, trasformarsi nella reginetta canora del bar newyorkese dove spettacolo, suggestioni erotiche e sbronze fanno tutt’uno, raggiungere la notorietà e innamorarsi come una collegiale. Siamo insomma dalle parti di
Flashdance
e «Papa Don’t Preach» di Madonna, con l’ingombrante aggiunta di una costruzione narrativa suadente e di un montaggio serrato e rutilante. È insomma imbarazzante dover ammettere che un film ipocrita e moralista come questo riesca a mantenere una progressione così calibrata, a rendere credibile la sua improbabile tenerezza e a far digerire allo spettatore la sua indigesta miscela di trasgressione, familismo, retorica spettacolare (the show must go on…) e apologia del successo.
(anton giulio mancino)