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Le cronache di Narnia – Il Leone, la Strega e l’Armadio

Londra. Seconda Guerra Mondiale. La famiglia Pevensie è costretta a separarsi a causa dei continui bombardamenti nazisti. I quattro figli, Peter, Susan, Edmund e la piccola Lucy sono mandati dalla madre fuori città, ospiti nella grande casa di campagna di un riservato professore. Arrivati a destinazione sono accolti da un’acida governante che li conduce alla loro nuova abitazione situata in cima a una collina. Qui, in un normale pomeriggio mentre tutti insieme stanno giocano a nascondino, la curiosa Lucy si avventura all’interno di un vecchio armadio scoprendo il passaggio per un mondo meraviglioso e fatato: il Regno di Narnia. La bambina si ritrova in una foresta innevata in cui fa la conoscenza di un fauno, il Signor Tumnus, che gli rivela il terribile stato in cui versa il Regno dopo l’ascesa al potere di Jadis, la Strega Bianca: un gelido e secolare inverno in cui tutte le creature sono soggette alla forza della maga, persino lui. Lucy, aiutata dal fauno, fa ritorno nel mondo reale e racconta la sua avventura ai fratelli che però non le credono, pensando siano solo le fantasie di una bambina. Un giorno anche Edmund entra nel Regno e, nella foresta innevata, incontra la Strega Bianca che, insospettita dall’intrusione di Lucy, lo convince malignamente a condurre da lei tutti i suoi fratelli tanto che il bambino, una volta tornato indietro, non racconta nulla aspettando il da farsi. Il tempo passa e un pomeriggio, mentre stanno giocando a cricket in giardino, Peter rompe il vetro di una finestra e per paura della sfuriata del professore si nasconde insieme ai fratelli nell’armadio fatato entrando d’incanto a Narnia. Recuperata qualche pelliccia appesa nell’armadio, i quattro si inoltrano nella foresta imbattendosi in un castoro parlante che li prega di seguirlo nella sua tana: deve assolutamente dir loro qualcosa di importante ma la foresta non è un luogo sicuro, anche gli alberi infatti complottano con la Strega. Giunti al sicuro, il castoro rivela l’antica profezia secondo cui i bambini stessi sarebbero destinati, spinti dalla forza di Aslan (un maestoso leone), a guidare le forze del bene e sconfiggere le armate guidate dalla perfida Strega Bianca. Si troveranno così coinvolti in un’impresa grandiosa ma dagli esiti incerti, in cui magia, coraggio e amore si intrecceranno per raccontare una storia fantastica.
Arriva per la prima volta sul grande schermo il romanzo che, prima del fortunato Harry Potter, primeggiava tra i record di pubblicazioni e vendite nel mondo, Le Cronache di Narnia dell’irlandese C.S. Lewis. Il film è tratto dall’omonimo primo libro della serie e, per la sua realizzazione, la Disney e la Walden hanno voluto il neozelandese Andrew Adamson, già regista di due lungometraggi animati premiati con l’Oscar: Shrek e Shrek 2.
Questa è la sua prima pellicola non realizzata interamente al computer, in un certo senso un esordio per il regista che è riuscito nell’impresa risultando dinamico e preciso anche nella realizzazione di un live action. Le attese erano molte, da quelle del figliastro di Lewis, che per molto tempo ha lottato per realizzare questo progetto, a quelle di milioni di appassionati di fantasy, bambini e non. Gli sforzi nella realizzazione hanno eguagliato la forza delle attese (pare che Adamson abbia fatto leggere il libro di Lewis a tutta la troupe prima dell’inizio delle riprese) portando sullo schermo una storia maestosa in cui i valori di fratellanza, insieme al fascino delle immagini, riescono con efficacia a coinvolgere lo spettatore. Una pellicola che non delude gli appassionati della serie mantenendo lo spirito e l’intreccio narrativo del romanzo. Adamson fa però un uso pesante delle ricostruzioni in studio e degli effetti digitali, a volte risultando eccessivo e ottenendo effetti opposti a quelli auspicati. Così com’è travolgente l’impeto della battaglia finale in cui sono stati moltiplicati in digitale oltre diciottomila guerrieri (60 creature diverse in tutto il film tra cui fauni, minotauri, centauri, satiri, nani, giganti e migliaia di armi ed equipaggiamenti), dall’altra parte deludono certe mancanze, quasi banali ma fondamentali, come la carenza di vapore acqueo nei respiri dei bambini nella foresta innevata o nel castello ghiacciato della Regina (anche questi realizzati in post-produzione) e l’innaturale seppur futuristica testa animatronica usata per dar vita al minotauro Otmin. Il lavoro realizzato da Adamson e dalla WETA, società di effetti visivi e grafici che ha lavorato anche per un capolavoro come Il Signore degli Anelli di Peter Jackson, è senza dubbio all’avanguardia ma, a volte, tutto questo posticcio rischia di far rimpiangere i tempi de La storia infinita di Wolfgang Petersen. (mario vanni degli onesti)