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L’assedio

In una magnifica casa del centro di Roma, un compositore pedina la bellissima colf di colore del piano di sotto. È una storia d’amore impossibile, platonica ma quasi morbosa, che sembra non aver mai sbocco. Dopo Io ballo da sola , Bertolucci rimane piccolo e italiano, con una voglia ancora più forte di tornare alle origini del cinema. C’è un che di primitivo, mélièsiano in questo film, oltre al piacere di girare che Bertolucci da sempre comunica. Non il suo lavoro più bello, ma certo uno dei più seduttivi: quasi tutto ambientato in un appartamento, è un vero tour de force, di bravura addirittura narcisistica. E se la voglia di allegoria non sempre paga (il prologo in Africa è incongruo e fastidioso), le parti migliori sono quelle più follemente estetizzanti: le schiume che si spargono sul pavimento, le lenzuola che ondeggiano sul terrazzo (e che terrazzo: piazza di Spagna o giù di lì…). Straordinaria la bellezza di Thandie Newton, poi candeggiata per Mission: Impossible 2 , e irresistibilmente morbose le scene erotiche; brutta invece la musica di Alessio Vlad che fa da leitmotiv. (emiliano morreale)