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La terra dell’abbondanza

Wim Wenders propone la sua visione dell’America dopo l’11 settembre. L’America degli emarginati. Questa fiction confronta due personaggi, Paul e Lana, a Los Angeles, città tentacolare, ambigua nel far convivere ricchi e miseri: Paul (John Diehl), patriota veterano paranoico della guerra del Vietnam che vive ancora in stato di guerra, e Lana (Michelle Williams) sua giovane nipote cristiana appena tornata da missioni umanitarie in Medioriente e Africa, che viene a Los Angeles per aiutare i poveri. La storia presenta la visione opposta di questi due esseri. Divisi come l’America è oggi fra i partigiani della violenza e quelli che cercano di curare il male. Si ritrovano quando assistono per caso all’omicidio per strada di un pakistano e cercano insieme di comprendere il motivo di quella morte.
Paul, dopo l’11 settembre, si crede di nuovo in guerra. Sono risorti i fantasmi del suo passato in Vietnam. Si veste da militare. Percorre in lungo e largo la città con il suo camioncino equipaggiato di videocamere e armi, cercando improbabili arabi sospetti. Crede ciecamente nel suo Paese. Lana, invece, crede arditamente in Dio. Collabora alla gestione di una missione cattolica a Los Angeles ed è tornata in America per ritrovare le tracce del suo passato e dell’unico membro ancora vivo della sua famiglia, lo zio Paul. Lo cerca ma lui non la vuole conoscere. La sua vita è dedicata prettamente alla guerra. Lei lo ritrova, lo ascolta, prova a comprenderlo. Solo la morte del pakistano sospettato da Paul (Shaun Toub), che decede per caso davanti alla missione cattolica di Lana, fa sì che i due si ritrovino. Paul decide di accompagnare Lana per portare il corpo del morto a suo fratello. Partono insieme per un viaggio. Si scoprono. Il film termina come una comunione.
Wenders ha voluto offrirci una sua ulteriore visione di un’America, riconosciuta come un modello vincente a livello internazionale, ma che dentro è vuota, persa. Un’America con una povertà eclatante, senza identità. Un’agonia che solo la religione cattolica riesce a placare, ma che la politica ferisce con violenza. Un’America malata dell’attacco dell’11 settembre e che non sa più come gestire se stessa, che cerca un nemico. Un’America, una volta terra di libertà, l’american dream, che non è più capace di accogliere gli stranieri.
Il regista tedesco, innamorato da sempre degli Usa, propone un discorso che potrebbe essere interessante se la sua meravigliosa sensibilità, dimostrata in tante pellicole – come Alice nelle città o Paris, Texas – fosse ancora in attività. Il problema è che da quando ha girato Fino alla fine del mondo (documentari a parte – Lisbon Story, Buena Vista, ecc… -) le sue fiction hanno perso di interesse. Questo film lo dimostra ancora una volta. La terra dell’abbondanza è imbarazzante, sbagliato. La trama è naif e scolastica. Il film noioso e presenta una mancanza di sottigliezza sconfortante. È girato benissimo in digitale e con una fotografia indiscutibile. Lanciamo un grido allora. Wim Wenders deve concentrarsi sul documentario. Lasci perdere la fiction perché l’ispirazione non c’è più. Sta sporcando il suo nome in lavori indifendibili. Non vorremmo avesse ragione Paul Valéry, quando diceva che che la bellezza è quello che fa disperare. (isabelle mical)