L

La mandragola

Per conquistare la bellissima Lucrezia, sposa a un ingenuo notaio, Callimaco assicura di poterla guarire dalla sterilità somministrandole la mandragola. Ma c’è un problema: il primo che giacerà con una donna che ha assunto la mandragola, ne morirà… Più che un parente del
Brancaleone
, lo si direbbe un progenitore delle
Ubalde
, se non fosse che la sopraffina eleganza registica di Lattuada – qui davvero al suo massimo – lo consegna a tutt’altro livello. Lattuada, insieme al più morboso Bertolucci, è forse l’unico vero regista erotico del nostro cinema. Qui l’opulento corpo della Schiaffino è alluso e velato, agito metonimicamente (fianchi e ombelico che sostituiscono una visione d’insieme sempre negata) in una maliziosa gara con la macchina da presa. Il film mantiene il fondo di nera cupezza della commedia di Machiavelli, trasformandola semmai in una sorta di malinconia (evidente soprattutto nel personaggio di fra’ Timoteo, interpretato da uno spettrale Totò pre-Pasolini che sembra disegnato da Goya o da Daumier). E la curiosità sta proprio – come sempre negli adattamenti di Lattuada – nel contrasto tra il testo (in questo caso, tra la sua misoginia/misantropia) e il basso continuo dello sguardo sensuale del regista.
(emiliano morreale)