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Kirikù e gli animali selvaggi

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Kirikù e gli animali selvaggi

Veloce, furbo e intelligente, il piccolo Kirikù si dedica a nobili imprese con le quali contribuisce, di volta in volta, alla salvezza e al sostentamento degli abitanti del villaggio in cui è nato. Il bimbo si trasforma così in abile giardiniere, detective, vasaio, commerciante, viaggiatore e medico e inizia a infatuarsi della malvagia ma bellissima strega Karabà.

Il nuovo film di Michel Ocelot è una sorta di prequel di

Kirikù e la strega Karabà,
girato nel 1998 e da più parti applaudito soprattutto da chi non ama l’animazione disneyana, spesso divertente, a volte geniale ma quasi sempre sopra le righe e caciarona. Questo secondo episodio non viene meno alle premesse del suo predecessore e si colloca agli esatti antipodi di

Chicken Little,
il film prodotto dalla Disney dal quale finirà inevitabilmente stritolato nella lotta per gli incassi di Natale. Diversa l’estetica, diverse le atmosfere, diversi i messaggi inviati. Dalla visione di Chicken Little si esce un po’ storditi, sovrastimolati da luci, suoni e colori. Qui invece tutto è più rilassante e rilassato, a partire dalle bellissime immagini, opera di un folto team di animatori. Come sottolineava Emiliano Morreale su queste stesse pagine in occasione dell’uscita del primo episodio, le avventure di Kirikù educano alla bellezza, una proprietà rara nel cinema, d’animazione e non. Musiche di Manu Dibango e Youssou N’Dour, canzoni di Rokia Traoré, parzialmente rovinate da una discutibile traduzione italiana.
(maurizio zoja)