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Il resto di niente

Pensavo che la grande lezione storica di Rosselini fosse ormai tenuta in vita soltanto in qualche remota cattedra universitaria di cinematografia, sepolta oggi dal manierismo calligrafico di un Ivory o da quello più dozzinale che Hollywood pratica da sempre. Visconti, in ogni caso, non ha lasciato eredi degni di essere ricordati.

Ecco, invece, che
chiane chiane
Antonietta de Lillo, con limitate risorse economiche, ha costruito un film che si rifà al grande Rossellini di
Viva l’Italia
e de
La presa del potere da parte di Luigi XIV
, senza però seguirne gli intenti didattici. Non so chi sia Antonietta de Lillo né quale siano i suoi trascorsi cinematografici ma, entusiasta del suo film, vorrei che avesse i riconoscimenti che di solito piovono su opere già troppo note. Ho visto il film a Napoli, quindi sala piena e partecipe. Forse anche al film succederà quello che, sempre
chiane chiane,
è capitato al romanzo di Enzo Striano a cui liberamente si ispira: da successo partenopeo è diventato un successo nazionale, anche se nel frattempo il suo autore è morto. Che cosa racconta
Il resto di niente
?  La rivoluzione napoletana del 1799 attraverso la sua più preromantizzata protagonista, l’eroina Eleonora de Fonseca Pimentel, nobile di alto quanto spiantato lignaggio lusitano, impiccata dal re Ferdinando I di Borbone per volere, pare, soprattutto della di lui consorte, Maria Carolina d’Asburgo, sorella della celebre decapitata Maria Antonietta.

Il film inizia quando Eleonora è già stata condannata e dialoga con l’ombra di Gaetano Filangieri che, morto nel 1788 a trentasei anni, era stato amico della giovane nobile e ispiratore coi suoi testi dei repubblicani napoletani. Attraverso flashback si rievoca così l’arrivo a Napoli dei Fonseca, l’iniziazione napoletana della fanciulla, lo sposalizio e la conseguente separazione da un violento nobile locale, le amicizie con gli illuministi e, quindi, con l’arrivo dei francesi, la sua direzione al giornale
Monitore Napoletano
. Con sprezzature storiche che evitano ogni calligrafismo ma sono efficacissime a ricostruire un’atmosfera, sostituendo siparietti e disegni animati ai momenti epici, affidandosi a interpreti sconosciuti quanto bravi e veritieri, alternando primi piani a sequenze stilizzate, la De Lillo riesce a ritrarre l’empito, l’ingenuità e il fallimento di una rivoluzione, il coraggio di quei giovani illuministi, la dolcezza e la forza della protagonista, interpretata da una sorprendente e magnifica Maria de Medeiros. Al fascino del film contribuiscono anche le musiche di Daniele Sepe.
(piero gelli)