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Il profeta

Condannato a sei anni di carcere, il 19enne Malik El Djebena non sa né leggere né scrivere. In prigione, preso di mira dal leader della gang corsa del carcere, Malik è costretto a svolgere numerose ‘missioni’, che gli meriteranno la fiducia del boss. Il giovane è coraggioso e impara alla svelta, ma non esiterà a mettere a punto un suo piano segreto.

Partendo dalle convenzioni del cinema carcerario e ampliandole fino a trasformarlo in un vero “romanzo di formazione”, Audiard ci offre il ritratto senza speranza e senza concessioni dell’iniziazione alla malavita di un paria della società. Girato con uno stile nervoso e minimalista, il film illustra l’universo disperato della prigione, dove vige solo la legge del più forte. Al suo interno Malik cerca di barcamenarsi, ogni volta facendo un passo avanti nella comprensione  del potere e delle regole che lo guidano, e contemporaneamente cancellando i sensi di colpa che lo rincorrono in una serie di scene troppo programmaticamente “fantastiche” (in cui si trova a dialogare con l’uomo che ha ucciso e che ha dato il via alla sua carriera criminale in carcere). Da vedere assolutamente in originale, dove si mescolano corso, francese e arabo e non nella versione doppiata che appiattisce tutto. Gran Premio della giuria a Cannes, nove César su tredici nomination.